18 novembre 2015 ore: 16:04
Società

Terrorismo, islamici italiani: vogliamo essere protagonisti di una soluzione

L'analisi del vice presidente della Comunità religiosa islamica italiana, Sergio Pallavicini, dopo gli attentati di Parigi. A breve iniziative pubbliche e istituzionali per dare un “segnale di distinzione”. “Non vogliamo essere discriminati"
Alessandro Tosatto/Contrasto Ramadan, fedeli in preghiera, islam

ROMA – Comunità islamiche italiane al lavoro in queste ore per dare un segnale forte di “distinzione” tra il mondo islamico e la violenza dei gruppi terroristici. A darne notizia è Yahya Sergio Yahe Pallavicini, vice presidente della Comunità religiosa islamica italiana (Coreis) che, a distanza di qualche giorno dagli attentati di Parigi, racconta le preoccupazioni dei musulmani moderati e la riflessione da parte delle diverse comunità su come intervenire in un contesto europeo quanto mai teso. “Abbiamo dovuto far passare qualche ora di sconcerto e di orrore per cercare creare un coordinamento che possa dare un segnale forte e dimostrare una distinzione nei confronti di certi pretesti e di certe violenze – spiega Pallavicini -. Stiamo coordinando le idee e a breve annunceremo una serie di iniziative pubbliche e istituzionali”.

La preoccupazione immediata, come nel caso degli attentati di gennaio scorso sempre a Parigi, è quella di evitare facili equazioni e che le “politiche per la sicurezza, importanti e che sosteniamo – aggiunge Pallavicini -, vadano a discapito del rispetto della dignità della stragrande maggioranza della parte sana della nostra comunità”. Per far questo, però, secondo Pallavicini serve un messaggio forte dalle stesse comunità islamiche. “Dobbiamo dare un segnale per far vedere il contrasto: c’è un bianco e un nero. Il nero è quello che una minoranza di criminali ha fatto a Parigi e continua a voler fare ciclicamente in altre parti del mondo. Il bianco, invece, forse c’è bisogno che si faccia vedere e sentire in maniera coordinata perché non venga confuso col nero”. Una necessità di venire allo scoperto anche per ricordare come tra le vittime del terrorismo ci siano tanti musulmani. “Quantitativamente sono le principali vittime del terrorismo islamista – aggiunge Pallavicini -. Tra le vittime ci siamo anche e soprattutto noi. Noi non vogliamo essere discriminati come cittadini, ma un po’ più considerati come parte di una situazione che merita di essere affrontata insieme, come protagonisti di una soluzione”.

La Consulta per l’Islam italiano, istituita presso il ministero dell’Interno, potrebbe avere un ruolo in questo contesto. Abbiamo sensibilizzato un’ipotesi di ripresa dei lavori della Consulta con il ministro Alfano – aggiunge Pallavicini -. È una pista che potrebbe aggiornarsi e la prospettiva del ministro, che io rispetto molto, è che questa consulta non si occupi di sicurezza internazionale, ma di come costruire e organizzare le situazioni secondo le nostre esigenze e stiamo cercando di farlo, con un ritmo un po’ lento, anche con il sottosegretario Manzione. Potremmo aggiornare anche la consulta come ulteriore segnale tra i vari che vorremmo cercare di spingere. La consulta ha il compito di integrare questa sfumatura di bianco all’interno della società civile con le sue regole e le sue esigenze”.

I timori per il futuro dell’integrazione, però, riguardano anche il “dibattito asimmetrico” che c’è all’interno della stessa comunità islamica in Europa. “La maggioranza dei musulmani vogliono semplicemente essere dei religiosi e non vogliono essere in nessun modo contaminati da ideologie, interpretazioni politiche o nazionalistiche, da ingerenze di ambasciate o di capipopolo stranieri  – aggiunge Pallavicini -. Una maggioranza così moderata da essere anche silenziosa. Gli altri, invece, sono più rumorosi, aggressivi e stonano un po’ perché hanno dei toni che non sono sfumature ma accentuazioni ideologiche”. Per Pallavicini, quindi, occorre che “l’Islam europeo, religioso, autentico e aperto al dialogo si faccia un po’ più visibile, si faccia sentire e sia anche un po’ più un interlocutore privilegiato delle istituzioni”.(ga)

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