Terrorismo, le associazioni islamiche: vogliono impedirci di pregare
MILANO - Un seminterrato in cui si fanno incontri culturali, feste e si prega è un luogo di culto? Potrà sembrare una questione di lana caprina, ma per i musulmani della Lombardia è invece strategica. A Milano, in particolare, sotto tiro è la comunità bengalese. Gestiscono quattro centri religiosi (in via Cavalcanti, Zambelli, Sibari e Carissimi). E il comune contesta loro che i locali sono stati illegittimamente trasformati in luoghi di culto, cambiandone la destinazione d'uso. L'ultimo caso è quello di via Cavalcanti della Bangladesh cultural & welfare association, che ha ricevuto poche settimana fa l'ordinanza del comune: o il seminterrato torna alla sua vocazione originaria (commerciale) o verrà chiuso.
L'associazione nei prossimi giorni presenterà ricorso al Tar, assistiti dal Caim (Coordinamento della associazioni islamiche di Milano e Monza-Brianza). "Questa è la sede di un'associazione culturale - spiega Reas Syed, avvocato e responsabile dell'area legale del Caim-. E la preghiera è solo una delle attività che svolge. Ma non per questo può essere considerato luogo di culto". "Con la legge regionale sui luoghi di culto (approvata nell'aprile 2015, ndr) è di fatto impossibile aprire una moschea -aggiunge Davide Piccardo, coordinatore del Caim-. Quindi di fatto ora ci viene sanzionato il fatto stesso di pregare. Questo seminterrato non è una moschea, come non lo potrebbe mai diventare un appartamento che ospitasse dieci o venti persone a pregare".
L'associazione è iscritta all'albo delle associazioni religiose del comune di Milano e ha partecipato al bando per l'assegnazione di une delle tre aree destinate a luoghi di culto, con un progetto di ristrutturazione dell'edificio di via Esterle.
Il Caim ha chiesto anche un incontro con i prefetti di Milano e di Monza, per denunciare la violazione del diritto alla libertà religiosa che stanno subendo i musulmani. "Sono almeno 15 i comuni in cui le comunità islamiche stanno incontrando seri ostacoli -spiega Reas Syed-. C'è un abuso dell'uso delle forze dell'ordine che vengono inviate per fare controlli. In alcuni casi sono intervenuti i carabinieri per fare controlli amministrativi, su pressione dei sindaci". "Il clima è molto difficile -sottolinea Davide Piccardo-. E le dichiarazioni del governatore Roberto Maroni non fanno che esasperare la situazione". Proprio ieri Maroni ha dichiarato che "se la Tunisia ha chiuso alcune moschee, significa che è una strada che dobbiamo considerare e anche seguire, per cui mi auguro che il ministero dell’Interno e il governo non si facciano prendere da ideologismi di nessun tipo, mettendo in primo piano la sicurezza dei cittadini e arrivando, se necessario, a chiudere delle moschee".
"Siamo di fronte a un abisso culturale, morale e civile -replica Piccardo-. Altrimenti non sarebbe possibile tollerare le parole di Maroni contro i musulmani. Pensare di intrattenere questo tipo di rapporti con una parte importante della cittadinanza ma soprattutto relazionarsi in questo modo con una delle tre grandi religioni monoteistiche praticata da 1 miliardo e mezzo di persone è semplicemente folle. Impedire e sanzionare la preghiera è emblematico del livello di degrado intellettuale di coloro che ci amministrano. Ciò avviene nel sostanziale silenzio dei poteri che contano, quelli che si dicono liberali, libertari e progressisti ma che tacciono quando si tratta di difendere i musulmani. E non parlo delle poche voci che predicano nel deserto, mi riferisco al fatto, ad esempio, che ogni parola in odore di antisemitismo scatena cori unanimi di sdegno e interventi delle più alte cariche dello stato mentre sull'Islam e i musulmani tutto è lecito. Maroni si deve dimettere subito". (dp)