Il giudizio di Stefano Cecconi, della Cgil nazionale. “Il testo licenziato dalla Camera mantiene contraddizioni e criticità, come la nascita della Fondazione Italia Sociale, che rischia di incentivare un welfare filantropico senza diritti sociali esigibili
ROMA - "Quella approvata è una riforma senz'anima: manca un disegno complessivo e il testo, pur avendo accolto alcune osservazioni unitarie di Cgil, Cisl e Uil che ne hanno attenuato la deriva commerciale, mantiene contraddizioni e criticità. Si arriva alla legge dopo un confronto insufficiente, ora chiediamo che se ne avvii uno serio sui decreti attuativi". Questo il giudizio di Stefano Cecconi, Responsabile Politiche della Salute, Non Autosufficienza, Terzo Settore e Dipendenze della Cgil nazionale, sulla legge di riforma del Terzo settore approvata in via definitiva.
"Il testo licenziato dalla Camera - continua Cecconi - mantiene contraddizioni e criticità, come la nascita della Fondazione Italia Sociale, che rischia di incentivare un welfare filantropico senza diritti sociali esigibili, non essendo accompagnata dalla definizione del pilastro principale delle politiche sociali, cioè i Livelli Essenziali delle prestazioni adeguatamente finanziati".
Il dirigente sindacale sottolinea che "tuttavia, sono state accolte alcune osservazioni unitarie di Cgil, Cisl e Uil, con le quali avevamo espresso forti preoccupazioni sulla 'deriva commerciale' impressa al Terzo settore. In particolare - spiega - sulla disciplina sull’impresa sociale e sul rischio conseguente che logiche di mercato irrompano nei servizi del welfare, già duramente colpiti dai tagli alla spesa per la protezione sociale".
"Ma, soprattutto, quella che è stata approvata è una 'riforma senz’anima'", ribadisce Cecconi, secondo cui "manca un disegno più complessivo in cui inserire la riforma: sullo sviluppo dell'economia sociale e del volontariato, su come questa contribuisca all'evoluzione del welfare in senso più universalista e più equo e sugli effettivi strumenti di partecipazione democratica dei corpi intermedi (associazioni, sindacati, cittadinanza)".
"Il confronto sulla legge è stato insufficiente, ora ci auguriamo che si apra davvero con le associazioni e il sindacato sui decreti attuativi - conclude Cecconi - visto che il settore svolge attività sociali ed economiche per milioni di cittadini, occupa quasi 1 milione di dipendenti (direttamente quasi 700mila addetti, più 300mila lavoratori esterni) e vede operare oltre 4 milioni e mezzo di volontari".