Terzo settore, Poletti: "Associazioni e cooperative protagoniste della riforma"
BOLOGNA - “Caro Comune, il tuo mestiere non è fare le graduatorie per l’inserimento abitativo delle famiglie più fragili: tu devi essere regista, lavorare tra cooperative, parrocchie, associazioni”. Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, intervenendo al convegno "Immaginiamo il welfare del futuro" organizzato per festeggiare i 40 anni della cooperativa sociale Cadiai, annuncia così il cambiamento radicale chiesto alle istituzioni per rispondere alle esigenze di una società che sta cambiando. Uno sforzo che, però, deve essere reciproco. “Oggi lo Stato è diventato troppo invasivo: deve fare un passo indietro e lasciare che ognuno giochi la sua partita. Ma anche i cittadini, dal canto loro, devono assumersi delle responsabilità. Hanno obblighi e doveri, meccanismi a cui rispondere. Manca il lavoro? Lo Stato non deve pensare tanto a tamponare le emergenze, ma prendere per mano i cittadini e condurli fuori dalla loro condizione di disoccupati. Che, comunque, non deve essere uno stato passivo: ci si deve rimboccare le maniche e scendere in strada, cercare contatti e amici, perché quello che è un problema comune può anche essere una soluzione comune”. Insomma, un cambiamento di mentalità, che metta in discussione quanto dato per certo sino a questo momento: “Ci hanno insegnato che prima si studia, poi si lavora, poi si va ai giardinetti: questo impianto oggi è radicalmente cambiato. Buttiamo via tutte queste norme e restrizioni, calate dall’altro come se qualcuno avesse già previsto tutto. La nostra vita è un dinamico cambiamento per gradi: diamo più strumenti ai giovani e garantiamo più flessibilità a chi è alla fine del proprio percorso di lavoro”.
Poi, l’inevitabile richiamo alla riforma del Terzo Settore che, come spiega il ministro, riserverà un ruolo da protagonista alla componente comunitaria e integrerà, strutturalmente, l’associazionismo, elemento indispensabile per fare funzionare l’ingranaggio composto anche da pubblico e privato: “Prima di tutto, abbiamo bisogno di capire su che risorse possiamo contare: il welfare pubblico da solo non può più farcela. Certo, c’è il welfare aziendale. Ma perché non spiegare ai cittadini che, portando i propri risparmi in banca, quest’ultima li potrebbe investire sul territorio? Sono certo che, se gli italiani sapessero che quei soldi vanno a finire nella comunità di riferimento, non ci penserebbero due volte. Se li facciamo sentire parte del progetto, garantendo massima trasparenza, avremo fatto tombola”. Nuova prospettiva, nuove risorse, ma anche un nuovo panorama. Poletti chiede più pluralità tra i soggetti del welfare – per garantire dialogo e confronto – ma non una polverizzazione, perché realtà troppo piccole rischiano di essere autoreferenziali: “Giusto riconoscersi in un’identità, ma attenti a non diventarne succubi”. (ambra notari)