The mission, il Gus: “Inaccettabile l’isola dei famosi in un campo profughi"
Foto: Medu
ROMA – “Leggiamo con stupore l’idea della Rai di trasmettere per autunno un nuovo reality, questa volta nei campi profughi. Forse è vero che al peggio non c’è mai fine, ma questa cosa è incredibile. Noi non ci stiamo: Fermatevi! L’isola dei famosi in un campo profughi non possiamo accettarlo.” L’ultima presa di posizione contro “The mission”, il reality nei campi profughi che la Rai trasmetterà in autunno, arriva dal Gus, Gruppo umana solidarietà, un’ong che si occupa di profughi in Italia da ormai vent’anni e fa cooperazione anche all’estero. E che chiede di fermare l’iniziativa rivendicando “il diritto/dovere di esplicitare tutta la nostra contrarietà a questo progetto volto a sfruttare il dolore degli altri, il dolore di chi ha perso tutto ma non il diritto alla propria dignità”.
L’organizzazione sottolinea la difficoltà, nel quotidiano del supporto di una comunicazione oggettiva: “spesso ci troviamo a gestire le conseguenze di articoli o servizi che cercano lo scoop su questa o quella organizzazione o su questo o quel gruppo di migranti. Siamo certi che anche il Papa, nel suo recente viaggio a Lampedusa, non si riferisse a un "reality", una trasmissione come quella annunciata per ottobre, quando auspicava e desiderava che si ponesse attenzione al dramma di chi fugge dalla propria terra, ma forse siamo noi a sbagliarci”.
Inoltre secondo il Gus gli ideatori di questo programma sono persone che non hanno “mai visto territori martoriati dalle guerre o che abbiano mai fatto esperienze di cooperazione internazionale. Siamo convinti, invece, che siano delle persone che vogliono utilizzare i cosiddetti personaggi dello spettacolo, con voglia di mettersi in mostra per la propria immagine, e, probabilmente, piazzati dai rispettivi manager per vendere meglio e fare più soldi”.
L’aiuto ai popoli in fuga, l’aiuto ai profughi nei campi di accoglienza “non passa da uno spettacolo che cerca di impietosire il pubblico di casa al quale chiedere poi un sms solidale a favore di organizzazioni che, con una mera operazione commerciale, hanno reso possibile questo programma”. “Ma in che mondo viviamo? –continua la nota -. Personaggi che arrivano con telecamere al seguito, che fanno giochi, magari lavano un bambino, portano della farina, fanno spettacolo poi vanno via e dicono ritorneremo e vi aiuteremo….questo vuol dire solo e soltanto sfruttamento della sofferenza che dovrebbe essere punito come reato morale, se non penale”.
Il Gus ricorda che ci sono tante organizzazioni che da anni lavorano in silenzio per aiutare chi fugge da persecuzioni, da guerre e dalla fame e lo fanno “sapendo quanto sia importante il basso profilo, il rapporto da costruire quotidianamente tra chi ha bisogno e chi può aiutare. Non per la durata di un reality ma per i successivi mesi, per il futuro”.
Se la Rai avesse voluto raccontare il lavoro di tante ONG nei territori di guerra, all’interno dei campi e nei progetti lo avrebbe potuto fare in tanti modi, se la Rai avesse voluto raccontare perché molte persone fuggono dal proprio paese per la ricerca di un futuro migliore, lo avrebbe potuto fare – conclude la nota - . Purtroppo si è spesso dedicata, anche nelle ultime emergenze, a far vedere gli sbarchi e poco più, ad amplificare le polemiche di italiani contro i migranti, di poveri contro disperati”.