Torino, sgombero sospeso per i rom di Lungo Stura, ma cento occupanti rischiano la strada
TORINO - Alla fine, in tarda mattina, dal Comune di Torino è arrivato lo stop. Ma a quel punto le ruspe avevano già demolito ventisei delle cinquanta baracche del campo rom di Lungo Stura Lazio, insediamento informale alla periferia nord est del capoluogo sabaudo che ospita circa 200 nomadi, prevalentemente di origine rumena. Lo sgombero coatto era stato annunciato da due mesi e duramente contestato dall’associazione “21 luglio”, che si occupa di tutela dei diritti dei rom e che da Roma, qualche giorno fa, aveva mandato un osservatore sul posto.
Secondo i dati diffusi da quest’ultimo, al momento dell’interruzione oltre la metà dei 200 abitanti del campo si era già ritrovata ad assistere alla demolizione della propria baracca. Per venticinque dei cinquanta nuclei familiari dell’insediamento, quindi, è già iniziata la ricerca di una nuova sistemazione: tra questi, ci sarebbero tre donne incinte e circa quaranta minori, dieci dei quali iscritti alle scuole dell’obbligo.
Sul posto è presente anche l’Associazione italiana zingari oggi (Aizo Onlus), che sta cercando una sistemazione temporanea per quanti, di fatto, sono già stati sgomberati. “Per le donne - spiega la direttrice Carla Osella - la Protezione civile ha già messo a disposizione la palestra del centro di accoglienza di Settimo Torinese: il problema è che le donne non vogliono separarsi dai mariti, e al momento non riusciamo a trovare un compromesso”. Osella spiega inoltre che una delle donne incinte verrà sistemata negli uffici di una delle strutture che Aizo gestisce per le emergenza freddo: “Purtroppo - chiarisce - gli alloggi sono pieni fino all’ultimo, quindi per il momento è l’unica soluzione che possiamo offrirle”.
Carlo Statolla, presidente dell’associazione 21 luglio, fa sapere inoltre che “almeno venti degli adulti sgomberati sono affetti da patologie come diabete, calcoli renali di grave entità e, in un caso, una recente frattura di tre costole che richiederebbe riposo e convalescenza”. Al momento non è ancora chiaro chi abbia ordinato lo stop allo sgombero: nei giorni scorsi, da Roma, Statolla aveva fatto sapere al vicensindaco torinese (con delega al welfare) Elide Tisi che “così com’era stato annunciato, lo sgombero era da ritenersi illegale”.
Secondo la 21 luglio, infatti, l’operazione si configurerebbe come “illegale secondo il diritto internazionale, e non rispettosa degli standard e delle garanzie procedurali previste dal Comitato sui Diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni unite”. Appena due giorni or sono, la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri) aveva richiamato l’Italia al rispetto delle norme internazionali e della Strategia nazionale di inclusione dei Rom e dei Sinti, sottolineando come proprio gli sgomberi forzati che molti comuni italiani continuano a realizzare ne costituirebbero una violazione, dal momento che agli abitanti dei campi non sarebbero offerte le giuste garanzie: “lo sgombero - scrive l’Eri - deve essere notificato alle persone interessate, le quali devono beneficiare dell’appropriata protezione legale; inoltre esse non devono essere sgomberate senza avere la possibilità di accedere a un’alternativa abitativa adeguata, anche se potrebbero restare nel Paese solo per periodi di tempo limitati”.
Ad annunciare l’operazione in Lungo stura era stata la Polizia municipale di Torino. Nel campo vive un certo numero di pregiudicati, con precedenti penali in prevalenza per furto e reati contro il patrimonio. (ams)