Tornare a vivere grazie a una protesi: tecnologia e soluzioni su misura
Foto: Stefano Dal Pozzolo |
ROMA – C’è un luogo nella città di Roma dove chi ha perso un arto può ricominciare una nuova vita grazie a una protesi studiata su misura e a un gruppo di professionisti costantemente a servizio di infortunati sul lavoro e non solo. È dedicata alla Filiale romana del Centro protesi di Vigorso di Budrio la lunga inchiesta pubblicata sul numero di dicembre-gennaio di SuperAbile Inail, il mensile dell’Inail sulla disabilità. “Si entra in punta di piedi, per non disturbare il lavoro di progettazione e finitura, in un’officina ortopedica: concentrato di eccellenza artigiana e di specializzazione raffinata, forgiata dall’esperienza – scrive l’autrice dell’inchiesta, Laura Badaracchi –. Va bene la tecnologia avanzata, ma ogni persona è unica. Quindi le protesi vanno realizzate su misura, cesellate millimetro dopo millimetro, e messe a punto dalla A alla Z per chi le porterà”.
Nella Filiale romana del Centro protesi Inail arrivano pazienti non solo dal Lazio, ma anche da altre regioni italiane. La maggior parte sono vittime di un infortunio sul lavoro, ma non manca chi avuto un incidente al di fuori dell’attività lavorativa o è portatore di una disabilità congenita. “Si tratta di rimettere in piedi persone psicologicamente provate”, spiega Daniela Di Mario, responsabile amministrativo della Filiale, dove un un’équipe muldisciplinare è pronta a seguire i pazienti nelle diverse fasi della loro vita dopo l’infortunio che ha comportato l’amputazione di un arto o una lesione permanente. E gli step sono tanti: dal primo colloquio alla progettazione della protesi, dalle visite mediche alla fisioterapia. E poi, ancora, l’addestramento e la messa a punto nell’officina ortopedica, gli esercizi in palestra, la terapia in piscina, le verifiche periodiche, fino alle attività ricreative.
Foto: Stefano Dal Pozzolo |
Tante le voci presentate all’interno dell’inchiesta per raccontare una struttura d’eccellenza,che realizza una sinergia inedita con il Servizio sanitario nazionale: ingegneri, fisiatri, medici legali e, non ultimo, rappresentanti dei servizi psico-sociali, che ricoprono un ruolo chiave nel percorso riabilitativo dei pazienti. “Insieme al reparto di unità spinale del Cto, proponiamo alcune iniziative pomeridiane per migliorare la qualità della vita all’interno della struttura”, precisa l’assistente sociale Maria Concetta Calandruccio. “Le attività vengono gestite dai volontari di varie associazioni – prosegue –: Avo, Se ci vedi scappa, L’isola che non c’era e altri volontari che man mano danno la loro disponibilità, proponendo vari tipi di intrattenimento. La supervisione è a cura dall’assistente sociale della Filiale e dello psicologo del Cto. C’è anche chi scopre un talento inespresso o nascosto: come un giovane assistito pugliese in cui è emersa la passione per la scherma”.
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Numerose, infine, anche le storie degli infortunati seguiti dal Centro. Tra le altre, quella di Monica Contraffatto, 34enne di Gela, che ha perso la gamba destra durante un attentato in Afghanistan e oggi è caporal maggior scelto del ruolo d’onore, una qualifica che la Difesa prevede per i militari che abbiano contratto disabilità permanente durante l’attività di servizio. Oggi Contrafatto è diventata un’atleta paralimpica con alle spalle un quinto posto nella categoria T42 ai Campionati mondiali paralimpici di atletica leggera che, si sono svolti a fine ottobre nel Qàtar, e all’orizzonte la partecipazione ai Giochi paralimpici di Rio de Janeiro 2016. (ap)
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