Tragedia dei migranti in Austria. “Le Lampedusa d'Europa ormai sono tante”
- ROMA – Morti asfissiati come in una stiva di un barcone nel Mediterraneo, abbandonati a bordo strada come in balia delle onde, nello stesso e identico tentativo di raggiungere il nord Europa di chi affida agli scafisti la propria vita. Una tragedia con lo stesso finale, ma stavolta sulla terraferma, quella che ha coinvolto circa 50 migranti ritrovati a bordo di un tir abbandonato sull’autostrata A4 in Austria. Secondo le prime informazioni, i migranti sarebbero morti per asfissia all’interno del mezzo. Per Oliviero Forti, “è l’esito di politiche che non favoriscono l’arrivo in sicurezza di queste persone. Si muore in mare e per terra. Si muore nelle imbarcazioni e si muore nei tir”.
Tragedie che si ripetono ormai quasi ogni giorno attorno ai confini europei, ma che ora arrivano quasi al cuore del vecchio continente. “E’ una situazione assolutamente speculare a quella degli sbarchi – spiega Forti -. Eravamo abituati a conoscere la tragedia dell’immigrazione solo via mare. Oggi che sempre di più le persone arrivano via terra, purtroppo, quello che accade alle imbarcazioni accade su altri mezzi di trasporto. È l’assoluta fotocopia di quello che accade nel Mediterraneo, perché le persone tentano di arrivare e purtroppo cadono nelle mani di veri e propri criminali pagando con la vita questo sogno”. La rotta balcanica, gli arrivi via terra, i muri issati contro i flussi sono ormai il nuovo Mediterraneo non solo per i migranti, ma anche per l’opinione pubblica. Un fenomeno, spiega Forti, che “non è più solo quello delle barche. Ormai le Lampedusa in Europa sono tante. Se prima il focus era soltanto sulle tragedie del Mediterraneo, oggi qualsiasi paese deve sentirsi oggetto di interesse da parte dei migranti e può anche la lontana Austria vedersi protagonista di eventi che sembravano così distanti”.
Lontane dal mare, le tragedie delle rotte via terra potrebbero riaprire la discussione sul tema dell’immigrazione nell’Unione europea. “Credo che l’opinione pubblica si sentirà sicuramente più scossa dal fatto che tutto questo sta accadendo a casa loro – spiega Forti -. Quando questi eventi accadono lontano da casa sicuramente colpiscono, ma in misura minore rispetto a quando a pochi metri da casa tua c’è un camion pieno di vittime asfissiati. Spero che almeno questo possa scuotere le coscienze. Se così non fosse ci sarebbe davvero da preoccuparsi”. In Europa, però, i tempi dei decisori non corrono alla stessa velocità dei flussi. “Abbiamo perso mesi sulla possibilità di ridistribuire 22 mila piuttosto che 30 mila persone per arrivare ad un risicato 40 mila in Europa e qui siamo di fronte a situazioni dove ogni giorno 50 persone perdono la vita o per mare o per terra – aggiunge Forti -. È un’Europa in estremo ritardo e purtroppo lo sta dimostrando, a parte alcuni casi come la Germania o anche l’Italia. C’è chi crede che in questa fase l’accoglienza sia una priorità, mentre c’è chi non ha questa stessa sensibilità e addirittura alza dei muri, come l’Ungheria. È un’Europa non coesa, se penso anche alla Gran Bretagna, e che deve fare un profondo esame di coscienza. Se andremo avanti così non faremo altro che confermare che l’immigrazione rimane un tema nazionale e ogni paese possa decidere secondo le proprie sensibilità e la cultura e chi si sta dimostrando più solidale sarà chiamato ad avere il carico maggiore. È evidente che, sul piano della giustizia, questa è una situazione fortemente sbilanciata”. (ga)