2 maggio 2013 ore: 15:26
Società

Transessuale o transgender? Un workshop per trovare le parole giuste

È “Trans e Media”, promosso dal Movimento italiano transessuali all’interno del festival “Divergenti”. Obiettivo? Mettere in luce gli stereotipi più comuni e le buone pratiche per combatterli. Il 4 maggio in Cineteca a Bologna
Christopher Olsson/Contrasto Trans allo specchio

Trans allo specchio

BOLOGNA – Transessuale, travestito, transgender? Le parole sono importanti, ma in Italia c’è grande confusione, soprattutto su un tema come quello della transessualità, per anni rimasto un tabù e oggi ancora poco conosciuto. E molto spesso sono proprio i giornalisti a cadere in queste trappole. “La mancanza di conoscenze porta a errori e distorsioni, anche nel miglior giornalismo – spiega Caterina Petitti, attivista del Mit – Primo tra tutti, l’uso dei pronomi: per le persone transessuali si tende sempre a usare il maschile, anche quando si tratta di MtoF, senza rispettare le identità di genere”. MtoF sta per “male to female” (da maschio a femmina), dunque indica una persona che è transitata dal genere maschile a quello femminile. Gli FtoM (female to male) invece hanno fatto il percorso opposto. “I diritti delle persone transessuali sembrano valere di meno – continua Petitti –: nei fatti di cronaca nera, spesso viene citato chi è coinvolto con il nome completo, se era il nome precedente all’operazione. Inoltre, quando i giornalisti arrivano a fare domande, spesso sono invadenti e poco rispettosi”. La situazione è migliorata rispetto a qualche anno fa, spiega l’attivista, anche se “c’è ancora molta ignoranza e lo stereotipo è dominante. I trans – continua – sono visti come vittime deboli, oppure come esibizionisti e ostentatori della propria sessualità. Il più grande luogo comune è quello della transessuale che si prostituisce: bisogna far capire alla gente che esistono anche modelli diversi, di gente normale, che vive nella legalità e nella trasparenza”.
 
È così che il Mit, in collaborazione con l’associazione anglosassone Tmw (Trans media watch) che si occupa di monitorare l’informazione in Inghilterra, ha ideato un vademecum del giornalista, con tanto di glossario. Il mondo della transessualità è sfaccettato: non si sta parlando qui dell’orientamento sessuale (l’attrazione erotica e affettiva per un sesso o per l’altro) ma dell’identità di genere (cioè del riconoscimento di se stessi come appartenenti al genere maschile o femminile). Come spiega “Parlare Civile” (Bruno Mondadori Editore), guida di Redattore Sociale sui termini usati nella comunicazione, i transessuali non vanno confusi con i transgender: i primi sono persone in cui il sesso anatomico è opposto rispetto all’identità di genere, mentre i secondi non si sentono di appartenere né all’uno né all’altro genere. Diverso ancora il caso dei travestiti, che assumono, per proprio piacere, abbigliamento o atteggiamenti del genere opposto. “La televisione è il medium che più punta sulla spettacolarizzazione, e dove si verificano le peggiori derive di morbosità sul tema dei trans. L’esempio negativo per eccellenza è stato il caso Marrazzo, dove c’è stato un accanimento disumano. Su Internet invece ci sono spazi maggiori e più consapevolezza, anche grazie alle tante opportunità di autorappresentazione”, dice Petitti.
 
Sabato 4 maggio alla Cineteca di Bologna, il workshop “Trans e Media”, organizzato dal Mit (Movimento Identità Transessuale) all’interno del festival “Divergenti”, sarà un’occasione per mettere in luce gli stereotipi più comuni sulle persone transessuali, e per parlare delle buone pratiche mediali per combatterli. Il workshop costituirà il momento conclusivo di “Page On”, progetto europeo per valorizzare le strategie anti-discriminazione, realizzato in collaborazione con altri 4 Paesi (Inghilterra, Irlanda, Svizzera e Germania). “I Paesi mediterranei hanno una situazione peggiore rispetto all’Europa del Nord – conclude Petitti – Lì sono state fatte delle battaglie, e oggi gli organismi di controllo hanno un potere effettivo maggiore: ci sono stati casi di ritiro di grandi campagne pubblicitarie offensive lanciate da aziende potenti. In questo senso, per noi Tmw è un modello: ci piacerebbe mettere a punto insieme una strategia di controllo sugli organi di informazione italiana, lavorando in futuro anche con l’Ordine dei giornalisti”. (alice facchini)
© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news