Tre disabili mentali vittime di un incendio (e dell'indigenza)
boz COSENZA. Sono state recuperate ieri le salme di Antonio, Roberto e Serafina, i tre disabili mentali morti nell’incendio sviluppatosi nel palazzo in cui abitavano, un antico stabile del centro storico di Cosenza. I corpi, carbonizzati ed irriconoscibili, sono stati trasportati all'istituto di medicina legale e per l'identificazione ufficiale sarà necessario il test del dna. Antonio, Roberto e Serafina occupavano abusivamente l’appartamento da alcuni anni e vivevano in condizioni di grave disagio. In passato erano stati sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio ed erano noti alle forze dell’ordine in quanto spesso si erano resi protagonisti di liti e risse, dovute alla dipendenza dall’alcool. Sull’incendio la procura della Repubblica di Cosenza ha avviato un’inchiesta. La situazione di estrema indigenza in cui vivevano i tre disabili era nota a tutti, ma erano in pochi ad occuparsi di loro.
Prima di cominciare le operazioni di recupero dei tre corpi, i vigili del fuoco hanno dovuto attendere che ci fossero le condizioni di sicurezza per operare, in particolare che defluisse l'acqua usata per spegnere le fiamme che aveva impregnato le strutture in legno dei solai dell'immobile. Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto ha proclamato il lutto cittadino per lunedì prossimo. “Cosenza piange Serafina, Roberto e Antonio, suoi cittadini sfortunati scomparsi tragicamente. Ci stringiamo tutti nel dolore – ha dichiarato Occhiuto - adesso è il momento del silenzio e del rispetto della morte. La verità è che noi abbiamo fatto tutto ciò che potevamo. Non si tratta di situazione sociale difficile, ma di patologie mentali serie e i sindaci non hanno gli strumenti per intervenire in tal senso”. Occhiuto ha risposto così a chi ha accusato l’amministrazione di non essersi occupata dei tre disabili.
“Queste tre persone sono state lasciate sole dal sistema – ha ribadito il sindaco di Cosenza - dinnanzi a patologie così gravi siamo intervenuti per quanto possibile”. L’arcivescovo di Cosenza, Francesco Nolè, ha espresso la sua particolare vicinanza alla famiglia assicurando la sua preghiera e quella della Chiesa cosentina. “Antonio, Roberto e Serafina, avevano contatto continuo con le strutture pastorali della Caritas e di ‘Casa Nostra’ – ha ricordato il prelato - erano persone conosciute dagli operatori pastorali e nella vicina parrocchia della cattedrale. Tali terribili eventi –ha aggiunto Nolè - evidenziano come la sicurezza deve essere al primo posto nelle abitazioni, soprattutto nel centro storico. La Chiesa cosentina auspica che nelle situazioni di difficoltà le istituzioni insieme si adoperino in maniera preventiva, per quanto possibile, per la salute dei cittadini e la dignità delle famiglie”.
Nel palazzo dove è scoppiato l’incendio, risalente al 1100, erano conservati i documenti più rari e significativi della storia della città. Tra questi diverse pergamene oltre alle uniche copie esistenti dei manoscritti del filosofo Bernardino Telesio (tra cui la prima stampa del ‘De rerum natura iuxta propria principia’) e degli scritti di altri importanti autori. “Si tratta di una tragedia annunciata – ha commentato amaramente Roberto Bilotti, proprietario della storica residenza Ruggi d'Aragona e del palazzo occupato abusivamente dai tre disabili – sono otto anni che denuncio questa situazione, ma la giustizia non ha fatto nulla e oggi Cosenza piange tre vittime e 500 anni di storia, andati letteralmente in fumo. Ho chiesto la tutela del mio patrimonio, perché era il patrimonio dei cosentini. Ho chiesto aiuto anche per queste tre persone che meritavano di essere protette e sostenute sotto ogni aspetto. Più volte ho denunciato l'accensione di fuochi all'interno dell'appartamento senza le dovute cautele, perché gli occupanti dovevano riscaldarsi; ho segnalato tante situazioni di disagio, male mie segnalazioni sono cadute nel vuoto. Cio che è accaduto – ha concluso Bilotti - poteva essere evitato”. ( msc)