15 settembre 2015 ore: 17:12
Società

Trofeo Arpad Weisz, in campo scalzi contro razzismo e discriminazioni

Quadrangolare in ricordo dello sportivo deportato ad Auschwitz in programma il 16 settembre all’Arena civica Brera di Milano: con Bologna, Inter e Milan, anche una squadra ungherese. Viviani (W il Calcio): “Speriamo che il nostro gesto sia emulato da altri club”
Árpád Weisz

BOLOGNA – “Chiederemo a tutti gli atleti di entrare in campo scalzi, con gli scarpini in mano: perché il Trofeo Arpad Weisz non vuole solo ricordare lo sportivo, ma schierarsi contro ogni forma di razzismo e discriminazione”: Fausto Viviani, tra i fondatori del progetto bolognese W Il Calcio, nato dalla collaborazione tra la cooperativa sociale Accaparlante e l’Associazione Bandiera Gialla, presenta così la IIIª edizione del quadrangolare di calcio dedicata all’ex allenatore ungherese che in Italia, con Bologna e Inter, vinse 3 scudetti e una coppa internazionale prima di essere deportato con la famiglia ad Auschwitz.

Gli allievi di Bologna, Inter, Milan e DKTV Miskolc si incontreranno domani a partire dalle 15.45 a Milano, all’Arena civica Gianni Brera. Alle 14.30, partita d’apertura tra rappresentanti di Camera del lavoro Bologna/W Il Calcio e rappresentanti di Camera del lavoro di Milano/Radio Popolare. Per tutta la giornata l’Arena ospiterà una mostra sulla vita di Weisz con le tavole del disegnatore Matteo Matteucci. Per la prima volta dal Dopoguerra sarà anche possibile ammirare il volume ‘Il Giuoco del Calcio’ di cui Weisz fu co-autore e che per anni rappresentò un punto di riferimento per i tecnici italiani. Perché Weisz non fu solo un giocatore stimato, ma anche, e soprattutto, un fortissimo allenatore. Arrivato in Italia, nel 1929 vinse lo scudetto da mister con l’Internazionale (suo il merito di avere scoperto Giuseppe Meazza): aveva 34 anni ed ancora oggi il più giovane allenatore ad aver vinto il tricolore. Con il Bologna vinse una coppa internazionale, il Trofeo Expo di Parigi, antenato della Champions League.

Weisz era ungherese di origini ebraiche. Con l’avvento di Hitler e delle leggi razziali fuggì prima in Francia e poi in Olanda, dove fu arrestato con la famiglia e deportato nel campo di concentramento di Auschwitz dove morì nel 1944. Insieme a lui vennero uccisi la moglie e i figli di 8 e 10 anni: “Proprio perché ungherese, al quadrangolare partecipa sempre la squadra di Miskolc, città a 200 chilometri da Budapest: una presenza dal significato ancora più importante oggi, considerato quello che sta succedendo nel Paese”. Il riferimento è al muro difensivo contro i migranti eretto al confine con la Serbia e alla nuova legge voluta dal Primo ministro Orban che punisce con la reclusione chi entra illegalmente in Ungheria: “Entreremo in campo senza scarpe, per continuare idealmente la marcia delle donne e degli uomini scalzi di pochi giorni fa e lanciare una sfida: vorremmo che il nostro gesto fosse contaminante, e venisse emulato da tante altre società calcistiche, soprattutto dai club di Serie A. Diciamo sì, tutti insieme, alle politiche di accoglienza: il calcio può fare tanto. Lo dimostrano gli stadi anche italiani che le scorse domeniche hanno esposto gli striscioni ‘Refugees Welcome’, lo dimostra la campagna lanciata dell’AS Roma ‘Roma Cares’”. (Ambra Notari)

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