13 novembre 2015 ore: 14:34
Immigrazione

Turchia, rischio espulsione per 2 rifugiati palestinesi e 1 siriano. "Grave violazione dei diritti"

E’ Amnesty International che interviene sulla vicenda dei tre rifugiati, che hanno alle spalle un passato fatto di violenze e persecuzioni. Le autorità non hanno reso noto il Paese di destinazione e non hanno concesso alcuna rappresentanza legale

ROMA - Si chiamano Ali, Mohammed ed Abdalsalam, hanno alle spalle un passato di violenze e persecuzioni. Ora, rinchiusi nella prigione turca di Erzerum, rischiano di essere deportati. A diffondere l’appello è Amnesty international, che in un comunicato di questi giorni dichiara: “Se l’espulsione avesse luogo, si tratterebbe di una gravissima la violazione dei diritti umani da parte delle autorità turche, contro il principio di non réfoulement, cardine delle disposizioni sulla Protezione Internazionale, che la Turchia è tenuta a rispettare”.

I palestinesi Ali Fares e Mohammed Fares ed il rifugiato siriano Abdalsalam Sakal sono stati fermati ed arrestati dalla polizia turca lo scorso 22 ottobre, per aver partecipato ad una manifestazione di solidarietà con i rifugiati tenutasi nei pressi Stazione ferroviaria di Istambul. Nel presidio i profughi chiedevano di poter raggiungere la città frontaliera di Eldirne, per varcare il confine con la Grecia. Infatti, la Turchia non concede la protezione internazionale che a pochissimi rifugiati, poiché, pur applicando la Convenzione di Ginevra del 1951, a differenza degli altri Stati firmatari si arroga la facoltà di considerare dei criteri geografici per la concessione della protezione internazionale (fonte). Per questo motivo, anche ai rifugiati siriani nel Paese viene concessa soltanto la “protezione temporanea”. Nello stesso giorno dalla Turchia sono stati espulsi anche due attivisti europei: un francese ed un tedesco, accusati dal Governo di aver infranto le disposizioni che regolamentano le manifestazioni nel Paese.


Quella di Ali e Mohammed (tra cui non c’è nessuna relazione di parentela) è una storia di fughe e di guerra.
Fuggiti dalla Palestina, risiedevano in Iraq prima del 2003, anno in cui decisero di scappare verso la Siria a causa dell’inizio della Seconda Guerra del Golfo, ed erano entrambi iscritti nei registri dell’Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees) per la protezione dei rifugiati dei conflitti del Vicino Oriente. Ali, secondo le informazioni diffuse dall’avvocato del Centro per i diritti dei rifugiati che ha tentato di assisterlo, era arrivato da circa un mese in Turchia e si era recato alla manifestazione nella speranza di ritrovare suo fratello, di cui aveva perso i contatti dopo l’arrivo nel Paese.

Le autorità non hanno reso noto il Paese di destinazione dei rifugiati, i quali, secondo le legge in vigore, possono restare nello stato di detenzione amministrativa solamente per un mese. Da quanto dichiarato nel comunicato, i tre sarebbero stati condotti prima al centro per stranieri in istanza di espulsione di Kumpkapi, nei pressi di Istambul e successivamente nel centro di Askale ad Erzerum, una provincia situata nell’Est della Turchia. Ciò che è più grave è che ai rifugiati non è stata concessa alcuna rappresentanza legale. Il 2 ottobre scorso, infatti, all’avvocato che si era recato nel carcere di Kumpkapi le autorità hanno negato l’accesso. Se le espulsioni avessero luogo si tratterebbe di una gravissima violazione del principio di non- refoulement da parte del governo turco. Infatti, in ragione dei conflitti attualmente in corso nei territori siriani ed irakeni ed in conformità con il principio cardine delle convenzioni sullo statuto dei rifugiati di cui anche la Turchia risulta firmataria, nessuna persona in fuga da un Paese nel quale rischia di subire gravi violazioni dei diritti umani, può esservi rinviata con la forza. (Marta Menghi)

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