Ucraina, “nei territori occupati insegnanti costretti con minacce e violenza a seguire il programma russo”
In vista della Giornata internazionale degli insegnanti, che in Ucraina si celebra il 6 ottobre, Amnesty International ha denunciato che i docenti ucraini nei territori occupati dalla Russia si trovano di fronte a una scelta straziante: fuggire dalle proprie case o essere costretti a insegnare seguendo un programma scolastico volto a indottrinare gli studenti secondo la propaganda dello stato russo. “Con l’obiettivo di riaprire le scuole nelle aree occupate dell’Ucraina come parte di un più ampio tentativo di consolidarne il controllo, le autorità russe cercano di ottenere la piena collaborazione degli insegnanti ucraini rimasti, sottoponendoli a ricatti emotivi, gravi minacce, perquisizioni domiciliari e, dove questi metodi non bastano, a violenze fisiche”, denuncia Amnesty International.
“Gli insegnanti ucraini nei territori occupati dalla Russia sono costretti con minacce e violenze a lavorare contro la propria volontà. Si trovano di fronte a un bivio: lasciare tutto e fuggire, oppure diventare parte di un sistema educativo che cerca di indottrinare i bambini e le bambine e che giustifica, tra l'altro, la guerra di aggressione dell’Ucraina da parte della Russia - ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International -. Restare nei territori occupati e rifiutarsi di far parte del sistema educativo non è un’opzione: rapimenti, minacce e violenze fisiche e psicologiche attendono gli insegnanti che non mostrano fedeltà e collaborazione alle forze russe. È fondamentale che queste gravi violazioni dei diritti umani siano completamente documentate e indagate dalle autorità nazionali competenti, nonché dagli organismi e dagli esperti internazionali e che i responsabili ne siano chiamati a rispondere".
Nascondere la propria professione per paura di ritorsioni
Gli insegnanti intervistati da Amnesty International hanno riferito che le autorità occupanti russe li hanno cercati con assiduità, spinti dall'urgenza di riaprire le scuole e di riportarvi gli stessi insegnanti che ci lavoravano prima. L’unico modo per evitare l’attenzione delle autorità russe era quello di nascondere la propria professione.
Svitlana, 38 anni, che insegna lingua e letteratura ucraina nella regione di Mykolaiv, ha raccontato: "Ero molto spaventata che i soldati russi scoprissero che fossi un’insegnante. Ancora di più per via della materia che insegno. Gli insegnanti di lingua ucraina e di storia dell’Ucraina sono i loro principali nemici. Ho spiegato ai miei figli che, se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbero dovuto dire che facevo le pulizie a scuola".
Allo stesso modo, Olha, un'insegnante di storia di 40 anni della regione di Kharkiv, ha descritto il suo terrore quando i soldati russi hanno perquisito la sua casa: "Una volta i russi sono venuti a perquisire il mio appartamento. Ero terrorizzata che scoprissero i libri di testo di storia, le mappe e tutta la letteratura sulla storia dell’Ucraina che avevo nascosto. [...] Ho visto i soldati russi devastare la scuola. La prima cosa che hanno fatto è stata bruciare tutti i libri ucraini, i simboli dello stato e le mappe", ricordando anche il timore che i suoi colleghi, che avevano aderito alla riapertura della scuola, potessero denunciarla.
Costretti a collaborare
A seguito dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e della completa distruzione della vita dei civili che ne è conseguita, le autorità occupanti russe si sono subito mostrate determinate a riaprire le scuole entro settembre 2022 in tutte le nuove regioni occupate. Già a maggio di quell’anno hanno iniziato a convocare riunioni con tutto il personale docente rimasto nelle aree occupate, esercitando pressioni affinché riprendessero a lavorare.
Oksana, una preside della regione di Kherson, ha raccontato ad Amnesty International di una di queste riunioni: "Hanno cercato di convincermi per tre ore. Non mi hanno minacciata, ma mi facevano pressione psicologica. Mi hanno detto che la regione di Kherson sarebbe stata per sempre russa e che l’Ucraina aveva smesso di lottare per noi. Mi hanno promesso un buono stipendio e mi hanno avvertita che, prima o poi, avrei dovuto accettare di lavorare per loro, perché non sarei sopravvissuta senza un reddito. C'era anche del ricatto emotivo. Mi hanno detto che avrei tradito i miei figli se mi fossi rifiutata di lavorare".
A coloro che non volevano collaborare è stato chiesto di dimettersi. Tuttavia, questo non ha messo fine alle pressioni. I rappresentanti delle amministrazioni insediate dai russi si sono recati, senza preavviso, a casa degli insegnanti, anche più volte alla settimana, minacciandoli con la disoccupazione permanente, il rifiuto di assistenza sociale e medica e l'inserimento nelle cosiddette "liste nere" di persone a cui era vietato lasciare i territori occupati.
Tetiana, un'insegnante di 56 anni della regione di Zaporizhzhia, ha raccontato ad Amnesty International che poco dopo il suo rifiuto di tornare al lavoro, una sua ex collega le ha detto che “non capiva le conseguenze del mio rifiuto, che sarebbe stata mandata a scavare trincee in prima linea e che sarebbe finita nella 'lista nera' e avrei perso la mia casa.
Ho sentito voci che si spargevano nel villaggio, che mi accusavano di aver tradito i miei studenti. Alcuni mi consigliavano di non uscire di casa, perché avrei potuto avere dei problemi". Tetiana è fuggita verso l’area controllata dal governo ucraino. Lo stesso giorno i soldati russi hanno fatto irruzione nella sua casa e interrogato suo marito chiedendogli dove lei si trovasse.
Minacce, percosse, ricatti e sequestri
Quando le promesse di alti stipendi e promozioni, il ricatto emotivo e le minacce non sono riusciti a costringere un insegnante a collaborare, le forze occupanti hanno fatto ricorso alla violenza fisica e ai rapimenti.
Oleksandr, un preside e insegnante di geografia di 44 anni della regione di Zaporizhzhia, ha condiviso la sua tragica esperienza di rapimento e pestaggio da parte di uomini armati per aver rifiutato di riprendere il lavoro: "Poco dopo il mio rifiuto di collaborare, quattro uomini armati sono venuti a casa mia. Due mi hanno afferrato e portato alla macchina. Mi hanno colpito con i fucili. Altri due uomini sono rimasti con mia moglie. Mi hanno portato nel cortile di una scuola e mi hanno picchiato di nuovo. Mi hanno chiamato ‘fascista’ e ‘nazista’. Mi hanno chiesto di partecipare a un evento scolastico...dove avrei dovuto ‘appoggiare’ il funzionamento della scuola, posando per delle foto con i simboli dello stato russo. Quelle foto le avrebbero poi usate in seguito, come prova della mia collaborazione e del mio sostegno all'occupazione. Mi hanno minacciato dicendo che quelle foto sarebbero state sufficienti per le autorità ucraine per provare il mio sostegno all’occupazione e mettermi in prigione". La mattina dell'evento, Oleksandr ha ricevuto "un promemoria" da uno dei suoi rapitori. Non ha avuto altra scelta che partecipare.