6 ottobre 2009 ore: 09:36
Giustizia

Un quarto dei reati riguarda la condizione stessa dell’immigrato

Redattore Sociale-Caritas Migrantes. Gli osservatori: "Criminalizzazione infondata per ragioni storiche, giuridiche e antropologiche"
ROMA – Restano vittime della criminalità organizzata, vittime di sfruttamento sessuale e sul lavoro, o commettono reato per riuscire a sopravvivere: la condizione di irregolari espone gli immigrati a rischio di delinquere maggiormente, senza considerare che la rigida normativa sul soggiorno già “assegna loro una rilevanza penale” (almeno un quarto di reati commessi da stranieri riguarda la condizione stessa dell’immigrato). Fattori essenziali questi che spiegano perché tra il 70 e 80% delle persone denunciate in Italia è irregolare o di passaggio. Lo sottolineano gli osservatori che hanno curato l’indagine “La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi”, promossa dall’Agenzia Redattore Sociale e realizzata dall’équipe del Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes, nell’intenzione di allontanare ogni tentazione di criminalizzazione, pur non sottovalutando la gravità del fenomeno.

“Il coinvolgimento degli immigrati in attività criminose è fortemente legato alla condizione di irregolarità”, sottolinea il rapporto, ma la loro criminalizzazione “è infondata per ragioni storiche, tenuto conto che metà degli attuali residenti stranieri una volta erano irregolari e poi regolarizzata (come nel caso ultimo delle 300 mila collaboratrici familiari), per ragioni giuridiche, tenuto conto che più della metà degli irregolari che sbarcano sulle coste italiane, hanno diritto allo status di rifugiati o alla protezione umanitaria e per ragioni antropologiche, poiché la stragrande maggioranza vorrebbe  essere in regola con la legge”.

“Considerare anche gli stranieri in transito”. Il nocciolo del dibattito sulla criminalità degli stranieri riguarda in prevalenza gli immigrati irregolari o senza documenti, che sono costituiti per lo più (64% dei casi) da persone venute con un visto o un permesso poi scaduto (i cosiddetti overstayers) rispetto al 23% di coloro che hanno attraversato le frontiere senza autorizzazione e al 13% dei clandestini sbarcati sulle coste, tra i quali più della metà richiedenti asilo o meritevoli di protezione umanitaria (ministero dell’Interno, 2006). Ma, secondo lo studio, rapprenda un limite, non considerare nel calcolo del “tasso di criminalità” degli stranieri, le persone di passaggio. “Si può venire in Italia per periodi brevi in esenzione del visto, e di fatto i visti concessi per motivi di turismo sono di gran lunga inferiori ai 20 milioni di cittadini stranieri che ogni anno visitano l’Italia. – spiegano -  Non è detto che chi viene per affari o per turismo commetta degli atti criminali, ma anche questo può capitare, come attesta il polo turistico di Rimini che conta il più alto tasso di denunce proprio per questi consistenti flussi di non residenti”.  

Pesa il tempo di ottenimento della cittadinanza. In altri paesi molti reati commessi da “immigrati”  finiscono nelle statistiche della criminalità locale, perché i tempi di ottenimento della cittadinanza sono più brevi, ma in Italia “la stragrande maggioranza dei reati ascritti agli immigrati sono classificati come reati di stranieri, in quanto sono pochissimi gli immigrati che hanno ottenuto la cittadinanza italiana”. (vedi lanci successivi)
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