Accogliere persone con disagio psichico: le storie di Elena e Daniela
BOLOGNA - Sabrina, calabrese di 35 anni, è arrivata a Bologna nel 2013. Prima abitava con la sorella, ma poi ha sentito il bisogno di uscire di casa e, attraverso la mediazione degli operatori Iesa (progetto che prevede l'accoglienza in casa per persone con disagio psichico), ha incontrato Elena che, con il marito, è arrivata dalla Romania in Italia 17 anni fa e ora ha un bambino di due anni. Nicola Rabbi ha incontrato Sabrina ed Elena, per raccontare le loro storie su SuperAbile Inail. "Ho conosciuto lo Iesa mentre facevo un corso per diventare operatore sanitario", racconta Elena, "e mi sono detta: perché non provare? Tutti noi abbiamo delle fragilità". La mancanza di pregiudizi, e quindi di paura, nei confronti delle persone con problemi di salute mentale sembra un tratto che caratterizza chi ospita. Spesso, anzi, chi accoglie ha già avuto esperienze di contatto diretto con la sofferenza mentale. "Con Sabrina abbiamo un bel rapporto, un bell’equilibrio", continua Elena. "Ma è un’esperienza transitoria, per lei si tratta solo di un periodo della sua vita". La stessa Sabrina conferma questa opinione: "Già ora, nel weekend, vado a stare con il mio fidanzato e, appena ne avrò la forza, voglio vivere con lui e sposarmi".
Anche il nucleo famigliare di Daniela è abbastanza tradizionale; è composto da marito e due figli, un maschio e una femmina, a cui si è aggiunto Edoardo, un uomo corpulento di oltre 50 anni, che vive da tempo con loro. Si tratta di una famiglia di origine romena che dal 2005 abita a Bologna. Lei gestisce un’impresa di pulizie e il marito restaura, come muratore, chiese antiche: sono la tipica famiglia di migranti che con grande fatica si costruisce una nuova vita per dare ai figli delle opportunità che nel loro Paese non avrebbero potuto avere. Ma loro che c’entrano con la salute mentale? "Ho avuto degli attacchi di panico, e sono andata dallo psichiatra", precisa Daniela. "Da noi in Romania vieni subito etichettato: se vai dallo psichiatra, allora sei matto. Ma anche qua in Italia, se vai dallo psicologo o dallo psichiatra, vieni etichettato".
In realtà Daniela è una donna con una personalità forte e positiva. Mentre parliamo, suonano alla porta ed entra Edoardo con la figlia, una ragazzina vivace che lo tiene per mano. Spesso è lui che va a prendere la piccola a scuola perché, per motivi di lavoro, i genitori non ce la fanno. Proviamo a parlare con Edoardo ma qui le cose diventano difficili. "Ho fatto conoscenza di questi ambienti della psichiatria, non tanto perché ne avessi bisogno, ma perché ho avuto dei problemi grossi con la mafia per via dei soldi...". Così esordisce per poi iniziare a raccontare la storia di un grosso conto in banca che aveva il padre e di certi malandrini che volevano truffarlo, dell’intervento di alcuni mafiosi e da lì comincia un intreccio di storie nel quale ci perdiamo. Daniela lo ascolta tranquilla e gli chiede di aiutarla a sistemare la spesa e a pulire dei finocchi. Edoardo prende il coltello ma non rinuncia alle sue storie. Per ogni argomento ce n’è una diversa. Gli domandiamo del lavoro e lui parla di aziende meccaniche di cui è proprietario e che hanno rapporti con gli Stati Uniti e con la Cina. Parliamo di auto e lui racconta una strana storia di come, facendo occasionalmente l’autista per la contessa Rodi, gli abbiano ritirato la patente. Alla fine rinunciamo alle domande. Daniela è abituata ai suoi discorsi e, a un certo punto, gli chiede il favore di scendere in strada per buttare via l’immondizia. Approfitta di questo momento per dirci che stanno per lasciare la casa dove abitano, perché con i soldi messi da parte presto potranno acquistare, aiutandosi con un mutuo, un nuovo appartamento. Edoardo li seguirà nella nuova abitazione. Quando ritorna ha in bocca un toscano e per fumarlo esce sul terrazzino richiudendo la porta dietro di se. È notte oramai quando Edoardo comincia a sbuffare grosse nuvole di fumo. Mi domando quali storie starà di nuovo architettando, mentre guarda il cielo.