4 marzo 2015 ore: 16:36
Economia

Una persona su due ha un periodo di scarsa salute mentale sul lavoro

In un nuovo rapporto l’Ocse denuncia che i problemi mentali fanno perdere al Pil dei paesi europei circa il 3,5%. Chi è affetto da disordini di bassa o moderata gravità come ansia o depressione ha il doppio delle possibilità di restare disoccupato
Stress da lavoro, precariato: donna con mani su capelli

BRUXELLES - Le malattie mentali fanno perdere ai paesi europei circa il 3,5 per cento del proprio prodotto interno lordo, e fra il 30 e il 40 per cento delle disabilità e delle malattie nei paesi sviluppati sono legate a problemi mentali.

- Durante la vita lavorativa, una persona su due ha un periodo di scarsa salute mentale in cui produce meno e il 20% degli abitanti dei paesi più ricchi soffre, almeno una volta nella propria esistenza, di patologie psichiche. Le persone affette da disordini mentali di bassa o moderata gravità come ansia o depressione hanno il doppio delle possibilità di restare disoccupate rispetto a chi gode di buona salute psichica. Il loro tasso di occupazione è fra il 15 e il 30 per cento inferiore a quello delle persone che non soffrono di patologie mentali, e per tali individui aumenta, di conseguenza, anche il rischio di povertà, emarginazione ed esclusione sociale (è doppia la probabilità che costituiscano famiglie a basso reddito).

Questo è quanto emerge da un rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), intitolato Fit Mind, Fit Job: From Evidence to Practice in Mental Health and Work, che denuncia anche come in molti casi, fra l’insorgenza di un problema mentale e un primo trattamento, possano passare oltre dieci anni, con una massiccia perdita di produttività della persona malata.

La relazione dell’organizzazione con base a Parigi rileva come ulteriore difficoltà il fatto che manchino misure e approcci integrati che tengano conto della salute mentale sul posto di lavoro in maniera sistematica: le misure sono spesso prese a compartimenti stagni fra gli uffici per l’impiego, le scuole e le università e le autorità sanitarie, quando invece sarebbe necessaria una maggior cooperazione fra tutti gli attori in questione.

Seppure l’Ocse rilevi come in alcuni paesi siano stati fatti piccoli passi avanti, resta però un’endemica mancanza di valutazione dei provvedimenti presi e una poca misurabilità degli obiettivi da raggiungere.

Tre le macroaree di intervento che l’organizzazione ha individuato: la necessità di prevenire e di diagnosticare i problemi mentali molto prima di quanto avviene ora e in maniera più tempestiva e il bisogno di agire con urgenza per curarli, un’azione più coordinata fra tutte le parti in gioco una volta che il problema mentale è stato identificato e una maggior partecipazione di tutti quelli che si trovano in prima linea ad affrontare le conseguenze dei problemi mentali a scuola e sul mondo del lavoro (insegnanti, educatori, manager, medici di base, psicologi del lavoro etc.).

Secondo l’Ocse, affrontare in maniera migliore e più organica i problemi che le malattie mentali causano al mercato del lavoro e alle performance scolastiche delle persone nei paesi sviluppati è probabilmente la sfida più grande che i governi di tali paesi si troveranno ad affrontare nel ventunesimo secolo. (Maurizio Molinari)

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