7 ottobre 2015 ore: 13:02
Disabilità

Undici viaggi per una prescrizione: se la burocrazia fa la guerra ai caregiver

Laura ha un fratello in coma da 11 anni. Ha rischiato di restare senza il necessario per l’alimentazione artificiale a causa di problemi burocratici. “Per salvare mio fratello, ho dovuto comprare le sostanze direttamente alla Nestlè. E mi ha prestato le sacche una donna che assiste la figlia”
Caregiver. Mani

ROMA – Almeno 11 viaggi per avere la prescrizione che le serve per alimentare e tenere in vita suo fratello. E ora è “esasperata, esausta e avvilita”: Laura Vaccaro ha 59 anni e da 11 assiste suo fratello, di 7 anni più piccolo, in coma vigile dopo un gravissimo incidente. Vive a Cefalù e si occupa di lui ogni giorno, curandosi anche della mamma ormai anziana, con l’aiuto del marito e dell’altro fratello. Tra le varie incombenze, ci sono quelle burocratiche: come quella di richiedere, ogni sei mesi, la visita dal neurologo per la prescrizione dell’alimentazione artificiale per il fratello. Una formalità apparentemente semplice, che però in questo caso si è trasformata in un vero e proprio incubo. 

Cefalù-Palermo: il neurologo. Come sempre, si è mossa con un certo anticipo, ma “alla Asl mi hanno detto che il neurologo in sede non ci sarebbe stato fino a metà ottobre. Così abbiamo accettato la prima visita disponibile a Palermo, nonostante le difficoltà di trasporto di mio fratello”. A fine agosto, quindi, primo viaggio: “ma arrivati dal neurologo, ci siamo accorti che la richiesta riportava un nome sbagliato. E il medico non ha potuto farci la prescrizione perché ‘rischio il carcere’, ci disse. Ma ci venne incontro, concedendomi di tornare da sola, il lunedì successivo”. Così, due giorni dopo, eccola di nuovo a Palermo: “consegno al neurologo il vecchio elenco delle prescrizioni e spunta un altro problema: lui può prescrivermi solo alimentazione, peg e deflussori, tutto il resto compete al chirurgo”. 

Cefalù-Termini Imerese: il chirurgo. Così Laura va dal medico curante, lo convince della necessità di una visita dal chirurgo e poi di nuovo alla Asl, per prenotare: questa volta, la prima visita disponibile è a Termini Imerese. E dovrà andare anche il fratello: altro viaggio, altra fatica. “Perdiamo l’intera giornata, con mio fratello distrutto, tra uffici chiusi e indicazioni sbagliate. Finalmente veniamo ricevuti dal chirurgo ed ecco un’altra sorpresa: lui non può prescriverci le siringhe da 60 ml, che a noi sono indispensabili. Né sa dirci di chi sia la competenza”. Insomma, manca ancora qualcosa. “Torno a casa distrutta e avvilita e inizio, già dal giorno successivo, una serie di telefonate per capire a chi debba rivolgermi per queste siringhe. Nel frattempo, però, le riserve di alimentazione iniziano a scarseggiare e, con tutti questi giri, il tempo passa. “Il 1 settembre mio figlio va a chiedere l’alimentazione in farmacia, assicurando che avremmo portato al più presto la documentazione. La farmacista gliela dà ma – precisa – ‘in via del tutto eccezionale’. Non ci accorgiamo, però, che anziché darci la fornitura per l’intero mese, ci do solo quella necessaria per 10 giorni”. 

L’alimentazione sta per finire. Intanto, la situazione continua a complicarsi: la prescrizione del neurologo per l’alimentazione non va bene perché manca la data di scadenza: “altri giri per ottenere comunque l’autorizzazione”. Finalmente, il 18 settembre, l’autorizzazione c’è e  Laura la porta in farmacia: ma la ricetta riguarda solo l’alimentazione, “per il resto del materiale – riferisce Laura – eravamo ancora in alto mare. A fine settembre, telefono in farmacia per sapere se posso passare il 30 settembre a ritirare l’alimentazione di ottobre. E vengo praticamente aggredita: prima del 10 – mi dicono – non avrei ricevuto nulla, perché avevo consegnato l’autorizzazione troppo tardi e quello che mi avevano già concesso lo avevano fatto ‘per pura cortesia’. Vado lì per parlare direttamente con la responsabile e mi sento ripetere le stesse parole. Torno a casa furibonda, le scorte in casa stanno per finire, non basteranno certamente fino al 10 ottobre.  Praticamente, rischiano di lasciar morire mio fratello! Non sapendo più che fare, riesco a trovare il numero della Nestlè e ordino direttamente a loro l’alimentazione: dovrebbe arrivare domani e lo pagherò di tasca mia, fiduciosa che mi sarà rimborsato…”, 

Le sacche “in prestito” da un’altra caregiver. Ma non tutti i problemi sono risolti: anche le sacche stanno finendo, quelle che devono contenere l’alimentazione e che vanno cambiate ogni giorno, per non correre il rischio di infezioni. Disperata, telefono ad alcuni fisioterapisti della Asl per sapere se qualcuno dei loro pazienti usi la Peg. Entro così in contatto con una donna, una mamma che assiste la figlia in coma, che abita in campagna, non lontano da casa mia. Lei si mostra subito disponibile, mi presterà le sacche di cui ho bisogno per arrivare al 10 ottobre. Ci incontriamo, parliamo ci troviamo subito in sintonia, accomunate dagli stessi problemi e da drammi simili. Mi dice ‘è uno schifo, un vero incubo’. Mi racconta che una volta è rimasta senza alimentazione per la figlia, per un problema simile al mio. Sono tornata a casa indignata, convinta che tutto questo sia profondamente ingiusto: siamo completamente soli a occuparci dei nostri cari e delle loro sofferenze. E anziché aiutarci, chi potrebbe farlo, cerca di renderci la vita più difficile”. (cl) 

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