Università, i ventenni italiani non hanno uno scopo
ROMA - "I nostri giovani devono confrontarsi con un mondo occupazionale in continua e velocissima evoluzione. Cio' che e' richiesto oggi, potra' rivelarsi anacronistico fra nemmeno 5 anni. Di conseguenza le universita', per arginare l'emorragia di matricole e riprendere ad attrarre studenti, devono gettare ponti - ma veri, non metaforici - col mondo del lavoro. Perche' dietro l'angolo si profila il rischio di generazioni fantasma". Lo ha dichiarato Miche'le Favorite, professoressa di Comunicazione aziendale della John Cabot University, al dibattito dal titolo provocatorio 'Serve ancora l'universita' per trovare lavoro?', tenutosi nella sede di Trastevere, a cui sono intervenuti manager, docenti e rappresentanti di organizzazioni internazionali di studenti.
"La percentuale di laureati in Italia e' la piu' bassa d'Europa. Abbiamo il tasso Ue piu' alto di Neet (o ne'-ne', cioe' persone non impegnate nello studio, ne' nel lavoro e ne' nella formazione), quindi di giovani che avranno scarso peso nella creazione di valore per il nostro Paese. Chi se lo puo' permettere va all'estero e non torna; allora ci chiediamo: chi creera' ricchezza in futuro per l'Italia? Bisogna agire, e in fretta, per invertire la tendenza", ha aggiunto la professoressa Favorite.
"È fondamentale portare le aziende nelle universita'", ha sottolineato Marita Spera, responsabile Public Affairs di American Express. Aggiungendo, sulla base dell'esperienza personale: "È importante anche l'attaccamento alla nazione. In Cina, ad esempio, chi studia e diventa bravo all'estero, poi ritorna e mette a disposizione la propria competenza in patria".
Sondaggio Aiesec. Simone Cardarelli, presidente Aiesec (la piu' grande organizzazione internazionale interamente gestita da studenti) Roma Tre, ha presentato un'anteprima dei dati italiani, estrapolata da un sondaggio appena concluso su oltre 160 mila giovani di tutto il mondo. Ebbene, avere uno scopo nella vita per i ragazzi del nostro Paese non e' una priorita': e' stato infatti inserito al 7° posto per importanza. Al primo c'e' la 'curiosita'' e al secondo 'l'amore'. Nel resto del mondo, la famiglia e' in cima alla lista e subito dopo c'e' lo scopo, cioe' la visione del futuro. Alla domanda come vedono la societa' futura, globalmente i giovani hanno risposto 'migliore' nel 68% dei casi; in Italia, invece, uno su due pensa che sara' peggiore.
Rilevante, poi, la voce 'fonti di informazione'. "In questo - ha detto Cardarelli - l'Italia e' allineata al resto del mondo: al primo posto sono risultate le istituzioni accademiche e al secondo la famiglia. Significa che l'universita', nonostante tutto, ha sempre il suo peso".
"No agli studenti full time. I ragazzi devono capire che c'e' un mondo che cambia rapidamente: magari hai in mente una professione, ma non sai che non c'e' piu'. Quindi e' indispensabile fare esperienze di lavoro gia' nel percorso di studio, con il sostegno dell'universita'. La John Cabot, ad esempio, collabora con oltre 400 fra aziende e istituzioni. E il 90% dei colloqui degli studenti si risolve con successo", ha spiegato Antonella Salvatore, docente JCU e responsabile del Centro per i servizi alla carriera. "Le aziende, giorno per giorno, riallineano le proprie strategie per rimanere sul mercato. Di conseguenza necessitano di persone flessibili, dotate di soft skills, cioe' di abilita' comportamentali, che sappiano impegnarsi nella logica di team, sulla base di esperienze di stage effettuate durante il periodo universitario. È terminata l'epoca dei solisti", ha concluso Michele Riela, responsabile Vertical Solutions di Olivetti. (DIRE)