Vaccino anti-Covid, priorità alle persone disabili: “Si, noi siamo più a rischio”
ROMA - Prevedere una priorità nella vaccinazione anti-Covid per le persone con disabilità è giustificato dal fatto che, semplicemente, esse sono “più a rischio”. A sottolinearlo, continuando e approfondendo la riflessione avviata su queste pagine nei giorni scorsi, è Pietro Barbieri, presidente del Gruppo di Studio sui diritti delle persone con disabilità nel CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo). In una replica alle argomentazioni proposte da Salvatore Nocera, l’ex presidente della Fish precisa il suo punto di vista, insistendo sul fatto che il piano vaccinale predisposto dall’Italia dovrebbe prevedere una priorità per le persone con disabilità. Tutte, senza esclusione alcuna. E il motivo, sottolinea Barbieri, è che ormai da mesi ogni persona con disabilità “è costretta ad avere rapporti molto ravvicinati con assistenti diversi” e di fatto esse “non sono nella condizione di poter mantenere le distanze”. E’ per questo, cioè per il fatto di non poter rispettare il dettato normativo sul distanziamento fisico, che “a prescindere dalla condizione di salute, esse sono più a rischio di contagio e al tempo stesso di contagiare altri”. E, sottolinea Barbieri, questa è esattamente la posizione dell'European Disability Forum, il movimento europeo di tutte le associazioni del mondo della disabilità incluse quelle italiane.
Nel suo intervento, pubblicato integralmente dal portale SuperAbile Inail, Barbieri sottolinea come le persone con disabilità vivano già oggi, nel loro quotidiano, un "trattamento diverso" rispetto al resto della popolazione: "Siamo chiusi in casa, fuori dalla scuola e fuori dal lavoro. In taluni casi persino fuori dei centri diurni. Per non dire delle forme di assistenza domiciliare che si sono interrotte e mai riprese. Questo per legge. C'è voluto persino un articolo di un Dpcm per prevedere che le persone che ci assistono si potessero avvicinare a noi. Nonostante ciò, i servizi di assistenza non si sono ripristinati completamente. Nessun sostegno specifico è arrivato ai caregiver familiari, che infatti stanno esplodendo. Il loro grido di dolore è presente e costante". Insomma, "con la pandemia stiamo perdendo l'idea stessa di inclusione: decine di anni di battaglie oggi rischiano di infrangersi contro un muro invalicabile a causa dell'esigenza della protezione".
Barbieri spiega: "Ogni persona con disabilità obtorto collo è costretta ad avere rapporti molto ravvicinati con assistenti diversi, per ragioni intrinseche che non sfuggiranno nessuno. Costoro hanno altre relazioni sociali e così via. Per le stesse identiche ragioni non vengono operate selezioni nelle RSA tra le persone che devono essere vaccinate con priorità in base a specifiche caratteristiche cliniche. No, si vaccinano tutte. Lo si fa perché non sono nella condizione di poter mantenere le distanze. Semplicemente non possono rispettare il dettato normativo sulla distanza sociale. Per questa ragione, a prescindere dalla condizione di salute, sono più a rischio di contagio e al tempo stesso di contagiare altri. Quindi possono anche trasformarsi “super-diffusori” del Covid e disseminare il contagio". Insomma, anche per tutte le persone con disabilità "la protezione è perché siamo più a rischio".
Barbieri sottolinea che questa è "la posizione dell'European Disability Forum, il movimento europeo di tutte le associazioni del mondo della disabilità incluse quelle italiane" e che coerentemente il tema si pone non solo per tutti gli operatori dell'assistenza sanitaria sociosanitaria (per i quali è prevista la priorità nel vaccino) ma anche per tutti coloro che operano a domicilio, comprese le badanti (per le quali non è invece previsto alcun intervento prioritario). Al momento, fa notare Barbieri, "il piano vaccinale italiano non prevede né una priorità per le persone con disabilità tantomeno quella per quelle con determinate caratteristiche biologiche. Saremo tutti in coda, senza priorità per nessuno che sia immunodepresso o che non lo sia”.