17 settembre 2015 ore: 13:13
Economia

VàZapp’, lo “hub rurale” dei giovani contadini che piace anche al ministro

I fondatori del progetto pugliese ricevuti domani da Martina, a cui consegneranno una petizione con 35mila firme sul prezzo giusto del pomodoro. Puntano sulla comunicazione tra agricoltori in funzione di prodotti di qualità. Tra le sperimentazioni una serra-coworking e orti didattici
Vàzapp 1
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FOGGIA - Si pronuncia quasi come l’applicazione di messaggi istantanei, quella col fumetto verde e il telefono bianco. È il progetto “Vàzapp’”, che intende usare anche le tecnologie “per trasformare un’espressione generalmente dispregiativa come ‘vai a zappare’, in un’opportunità vera per i giovani pugliesi”.

A parlare è Giuseppe Savino, uno degli ideatori di Vàzapp’. L’iniziativa è nata in seno all’associazione pugliese Terra Promessa, fondata da don Michele De Paolis, salesiano visionario e con il pallino della tecnologia. Vàzapp’ vuole creare un “hub rurale”, cioè un luogo d’incontro per chi opera nell’agricoltura, per svecchiare il mestiere e soprattutto ascoltarsi a vicenda. 

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L’idea di far parlare gli agricoltori tra loro, ma anche con gli altri giovani del territorio, dai designer agli architetti, dai social media manager agli agronomi e ai ricercatori, punta ad attrarre più competenze, risorse e valore economico sui prodotti della terra. E sembra essere piaciuta anche al 37enne ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. “Venerdì 18 settembre ci incontrerà a Bari, alla Fiera del Levante”, spiega orgoglioso Giuseppe Savino, mentre descrive come è nato il suo progetto: “Quello dell’agricoltore – racconta - è un lavoro solitario, in cui mancano spazi e tempi per il confronto”.

Figlio di agricoltori “che ovviamente mi avevano sconsigliato di seguire le loro orme”, Giuseppe, che oggi ha 34 anni, si laurea e trova lavoro in una società nel settore degli elicotteri. Poi, però, decide di tornare alla terra. “Il mio sogno – spiega – è che i giovani possano scegliere di fare questo mestiere, senza soffrire come ho visto soffrire mio padre”

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Ora VàZapp’ è un progetto che coinvolge attivamente circa 20 giovani professionisti, e uno spazio di incontro all’interno della cascina della famiglia Savino, a pochi chilometri da Foggia. “Nei prossimi mesi”, prosegue Giuseppe, “destineremo un ettaro dell’azienda a costruire la serra-coworking alimentata a pannelli solari e a impiantare gli orti didattici, dove proporremo attività per bambini e disabili e diversi momenti di socialità”. Il primo fine settimana di luglio, la cascina ha accolto circa 150 persone per quello che Savino chiama “format motivazionale”: musica, momenti di confronto e condivisione di cibo, all’interno di un anfiteatro autocostruito di balle di paglia. E in autunno ci sarà “Oliday”, la raccolta collettiva delle olive. Sempre con il cibo alla fine, perché la convivialità è inseparabile dalla cultura della terra.

“Nell’ultimo anno abbiamo incontrato e ascoltato almeno un centinaio di agricoltori e incrociato le informazioni provenienti da loro con i dati ufficiali della regione Puglia”, racconta ancora Savino: “La provincia di Foggia ha la più alta percentuale di terreni agricoli d’Italia. Il 70% di chi fa questo mestiere ha una scolarizzazione sotto la terza media, solo il 4% è composto da giovani under 40, e tra tutte le persone intervistate ne abbiamo trovata solo una che avesse il sito internet e solo una che avesse viaggiato”. A VàZapp’ invece sono convinti che viaggiare e studiare sia qualcosa che serve comunque, anche per lavorare la terra. E che, anche in agricoltura, l’unione faccia la forza. 

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Al ministro Martina consegneranno la petizione sul prezzo del pomodoro San Marzano che sulla piattaforma Change.org ha raccolto 35mila firme. “Quello che chiediamo sarà utile a noi e alle tante aziende piccole, che si trovano in difficoltà con l’abbassamento dei prezzi deciso unilateralmente dalle industrie conserviere. Gli accordi quadro sul pomodoro di quest’anno – spiega Giuseppe Savino - prevedevano 10 centesimi al chilogrammo, invece si è scesi sotto gli 8”. E prosegue: “Per un’azienda piccola è impossibile fare profitto con questi prezzi, ma nessuno, da solo, ha potere contrattuale, perché il pomodoro è un prodotto molto deperibile”.

- Oltre alla petizione, Giuseppe è convinto che gli agricoltori debbano darsi da fare insieme, e con altri soggetti del territorio, per accorciare la filiera del pomodoro e aumentare i propri margini. “Con un ettaro di pomodoro già trasformato, si guadagna quanto con quindici ettari venduti all’industria delle conserve. E allora perché non alzare la qualità, fare storytelling, e creare consumatori informati, che ci scelgano dopo avere seguito tutto il processo produttivo?”. Consorzi, cooperative, collaborazione: il futuro di VàZapp’ non è ancora deciso. “Qualunque passo lo faremo ascoltando gli agricoltori, continuando a incontrarci e costruendo insieme la nostra lista di azioni possibili”. Gli altri soggetti del settore, sostiene Giuseppe, “ci stanno guardando con curiosità. Ma noi non vogliamo fare concorrenza a nessuno, tantomeno alle associazioni di categoria. Vorremmo solo fare cultura, e collaborazione”.

Prodotti di qualità e più comunicazione, come strada per avere margini di profitto dignitosi. “Siamo consapevoli che ci sono anche colleghi disonesti, che la riduzione dei guadagni la fanno pagare tutta ai braccianti”, afferma Giuseppe. “Allo stesso tempo, però, stiamo assistendo a una gogna mediatica che danneggia anche chi lavora onestamente”. Il problema del cottimo, secondo Savino, andrebbe affrontato prima di tutto calcolando un prezzo orario davvero equo per il lavoro dei braccianti, stimandolo sulla media dei cassoni che un operaio può raccogliere in una situazione ottimale. “Con la tariffa attuale di 7 euro e 92 l’ora, se un operaio è esperto e robusto può preferire lui stesso il pagamento a cottimo: in un’ora può riempire quattro cassoni e guadagnare circa il doppio”. (Giulia Bondi)

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