Ventimiglia, frontiera francese chiusa: le proteste dei migranti
ROMA – Da Ventimiglia non si passa, la frontiera con la Francia è chiusa. Continua da tre giorni il blocco imposto dalla Francia, destando le critiche di chi, come il Viminale, grida alla violazione del trattato di Dublino. Intanto, non mancano le reazioni: quelle dei migranti, intanto, che dopo aver dato vita, nei giorni scorsi, a diverse forme di protesta, in trenta hanno trascorso l’ultima notte sugli scogli, protetti dai teli termici forniti dalla Croce rossa, o con cartoni di fortuna. Un’ottantina invece si sono rifugiati nella stazione di Ventimiglia, mentre ieri molti, soprattutto eritrei, hanno iniziato lo sciopero della fame. Di restare in Italia chiedendo asilo nel nostro paese non vogliono saperne: troppo lunghi sarebbero i tempi di attesa e incerte le condizioni dell’accoglienza. La frontiera, insomma, va superata.
Sul fronte della politica, intanto, si dividono le posizioni: tra chi condanna l’iniziativa francese e chi invece plaude ad essa, definendola un “atto di coraggio”. Tutti, però, sono concordi nel riconoscere il peso del gesto francese e l’urgenza di aprire una riflessione concreta per una nuova politica europea dell’immigrazione e dell’accoglienza. "La vicenda di Ventimiglia mette in luce quanto sul tema immigrazione l'Europa sia scollata, quanto il trattato di Dublino sia superato - afferma il deputato del Pd Edoardo Patriarca, componente della Commissione Affari Sociali - Sul fronte immigrazione l'Europa sta navigando a vista, ma- conclude Patriarca- se non cambiamo rotta ai problemi si sommeranno altri problemi, e i primi a pagare saranno chi fugge da fame e guerre e le comunita' locali".
"L'Ue e gli Stati membri aprano gli occhi e intervengano subito, concretamente. I profughi non sono un problema italiano e bisogna gestirlo ora e assieme - afferma la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani - E' precisamente questo atteggiamento miope e ristretto che ha favorito l'ascesa di partiti estremisti, che non hanno soluzioni ma succhiano consenso dall'inerzia delle istituzioni europee e, diciamolo, anche dall'opportunismo di qualche Paese. A questi andrebbe ricordato che e' una tattica che ha poco fiato. E proprio perche' nell'Europa noi crediamo, faremo dunque una forte, decisa pressione affinche' passi l'unica linea che serve all'Italia e all'Europa: redistribuzione e selezione tra profughi di guerra e migranti 'economici'".