12 novembre 2015 ore: 14:39
Immigrazione

Vertice Malta, Centro Astalli: summit dia il via a cambiamenti delle politiche Ue

L’appello del servizio dei gesuiti per i rifugiati al termine del vertice tra i leader europei e africani. “Serie perplessità” sul programma di relocation: “Piano numericamente insufficiente. Preoccupa possibilità di ricorrere alla coercizione e alla detenzione”
Migranti Europa. Profughi con cartello Help Europe

ROMA – “Il summit di Malta dia il via a un cambiamento sostanziale delle politiche migratorie dell’Unione europea”. È questo l’auspicio del Centro Astalli che in una nota diffusa oggi per la chiusura del vertice tra i leader europei e africani a La Valletta sul tema delle migrazioni. Un cambiamento necessario su più fronti, spiega il Centro Astalli, dal contrasto al traffico di esseri umani alle frontiere, dal regolamento di Dublino alla relocation, a partire dal contrasto delle “cause delle migrazioni forzate, in un’ottica di promozione della pace e della giustizia”, spiega padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli. “Non si può tollerare che continuano le stragi quotidiane nel Mediterraneo – spiega la nota del Centro Astalli -, a cui si sommano quelle meno visibili nel Sahara e lungo le rotte della migrazione forzata”. Per questo, spiega Ripamonti, occorre avere una “particolare attenzione nelle situazioni in cui sono in atto conflitti e gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani: è il caso, ad esempio, di molti Paesi coinvolti nel Processo di Khartoum, da Sud Sudan all’Eritrea. La gestione delle migrazioni e il contrasto del traffico di esseri umani deve tenere conto del dovere di proteggere le persone”.

Creare vie sicure e legali verso Ue. Per i gesuiti, è urgente creare “vie sicure e legali di accesso all’Europa: rilascio di visti umanitari e sospensione temporanea dell’obbligo di visto in alcune situazioni critiche”. Occorre, inoltre, “incrementare il resettlement, l’ampliamento del diritto al ricongiungimento familiare o altri meccanismi che potrebbero essere sperimentati in progetti pilota, in collaborazione con chi opera nei Paesi di origine o di transito”. Misure che, però, devono essere “proporzionate per quantità al bisogno”, continua la nota. “Nonostante il dichiarato impegno a contrastare il traffico di esseri umani – aggiunge il Centro Astalli -, non abbiamo ancora visto un impegno europeo significativo su questo tipo di misure, che sono le uniche in grado di contrastare effettivamente lo smuggling”.

Chiudere le frontiere non è una soluzione. Per il Centro Astalli, è “apprezzabile e sensato” lo sforzo di mettere in atto azioni di tutela umanitaria di emergenza lungo le rotte percorse dai rifugiati, soprattutto con l’arrivo dell’inverno. Preoccupa, invece, “l’intenzione di bloccare i flussi in paesi fuori delle frontiere esterne dell’Unione – spiega il centro dei gesuiti per i rifugiati -. Non è accettabile che l’Europa deleghi gli obblighi di protezione a paesi terzi che non possono assicurare standard di protezione adeguati alla dignità e ai diritti delle persone. La protezione effettiva dei rifugiati deve essere prioritaria rispetto all’esigenza di contenere i flussi”.

Preoccupa la relocation. Riguardo al programma dell’Unione europea di ricollocamento dei rifugiati, il Centro Astalli nutre “serie perplessità”. “Il piano proposto appare non solo numericamente insufficiente, ma non privo di punti critici – spiega la nota -. Associare la protezione internazionale ad alcune nazionalità di origine, suggerendo che i cittadini di alcuni Stati abbiano chiaramente bisogno di protezione e quelli di altri Stati non abbiano invece titolo, può portare a semplificazioni pericolose. Introdurre una sorta di filtro di ingresso nella procedura ordinaria rischia di creare rifugiati di serie A e rifugiati di serie B”. E in Sicilia, spiega il Centro Astalli, non mancano già le prime gravi irregolarità nell’accesso alla procedura per richiedenti asilo di nazionalità non candidabili alla relocation. Una questione delicata, spiega Ripamonti. “Qui al Centro Astalli incontriamo quotidianamente rifugiati in fuga da paesi che vengono talora definiti sicuri – aggiunge -, che hanno vissuto sulla loro pelle persecuzioni di straordinaria gravità: Nigeria, Gambia, Mali, Mauritania. Sarebbe molto grave se a queste persone venisse sistematicamente impedito l’accesso alla protezione”.

Coercizione e detenzione. Preoccupa, infine, la “possibilità di ricorrere alla coercizione e alla detenzione” nel programma di relocation. “In nessun caso è ammissibile la detenzione di un potenziale rifugiato solo perché cerca di realizzare un progetto di vita diverso da quello contemplato dalle attuali norme europee – aggiunge il Centro Astalli -. È necessario definire un nuovo meccanismo che regoli in coinvolgimento degli Stati membri rispetto agli arrivi dei migranti forzati: il Regolamento di Dublino, che nel corso degli ultimi mesi è stato di fatto superato dagli accadimenti, è chiaramente inadeguato, inefficace e non più utile a gestire la situazione. Si deve immaginare un meccanismo completamente diverso di condivisione di responsabilità, che non guardi unicamente alla procedura d’asilo, ma più ampiamente alle prospettive a medio e lungo termine per chi si vede riconoscere la protezione internazionale da uno Stato europeo”.

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