Via Curtatone, si tratta per cercare soluzioni. Ultimatum a chi è in strada
I rifugiati di piazza Indipendenza resistono allo sgombero - Foto Eleonora Camilli
I rifugiati di piazza Indipendenza resistono allo sgombero - Foto Eleonora Camilli |
ROMA – Dopo una giornata di tensione è stato per ora scongiurato l'allontanamento con la forza dei rifugiati accampati a piazza Indipendenza a Roma, dopo lo sgombero di sabato scorso del palazzo di via Curtotone.
- Le circa 150 persone che dormivano nei giardini sono state svegliate questa mattina alle 7 con l’ordine di lasciare la piazza. “Ci hanno svegliato all’improvviso e detto di andarcene, ma noi non abbiamo altra scelta e non ci spostiamo”, sottolinea uno degli occupanti Bereket.
I rifugiati hanno, infatti, iniziato una resistenza passiva per non lasciare il presidio. Parallelamente, le famiglie con bambini che sono state fatte rientrare nei giorni scorsi all’interno dell’edificio di via Curtatone, hanno minacciato per tutta la mattina di lanciare oggetti, incluse bombole del gas in strada, se la Polizia avesse usato la forza per allontanare i connazionali. E' poi inziata una lunga trattativa tra gli occupanti e il Comune. Ma per ora non c'è ancora nessun accordo. I rifugiati, quindi, passerano la quinta notte in strada.
Unhcr: "Alternative per chi dorme all'aperto". “Per ora siamo in una situazione di stallo, più tranquilla rispetto a questa mattina. Si stanno attendendo soluzioni adeguate – spiega Barbara Molinario dell’Unhcr -. Si sta prendendo in considerazione una soluzione per coloro che dormono all’aperto: 80 posti in due centri, uno a Torre Maura e uno a Boccia, di cui 20 per le donne, anche se a dormire in strada in queste sere ce n’erano almeno 50. Ribadiamo che a monte è mancata una soluzione alternativa. Il palazzo è occupato dal 2013, quasi tutti sono rifugiati, alcuni dei quali residenti nel comune di Roma, ci si doveva organizzare diversamente. Come Unhcr siamo preoccupati anche per le persone che vivono nelle altre occupazioni, sappiamo che alcuni da qui sono andati in uno stabile occupato a Collatina”.
Foto Agenzia Dire |
Vertice in prefettura. Nel contempo questa mattina si è svolto in Prefettura la riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza, a cui hanno partecipato - oltre alla prefetta, Paola Basilone - la regione, il comune e la proprietà dell'immobile. Si sono vagliate le diverse ipotesi di intervento. Una di queste era di spostare alcune persone a Rieti.
Le altre nei centri di accoglienza temporanei di Roma Capitale. Una delegazione di rifugiati è andata a verificare le strutture messe a disposizione. "Non sono 80 posti ma 46 e del tutto inadeguati - ha spiegato successivamente Bereket - per cui abbiamo deciso di rifiutare". "Dopo dieci anni dobbiamo ricominciare la nostra vita in un centro di accoglienza? - aggiunge una donna Eritrea -. Noi avevamo la nostra vita là dentro, non possiamo ricominciare da zero".
Dopo la riunione Il Comitato per l'ordine e la sicurezza è stata diffusa una nota in cui si dice che dopo un lungo e approfondito confronto, favorito dalla mediazione del Prefetto, era stata condivisa una soluzione che "vedrà la Idea Fimit S.G.R., società che ha in gestione l'immobile di via Curtatone, mettere da subito a disposizione, senza oneri per l'amministrazione comunale e per un periodo di tempo di 6 mesi, alcune proprie unità abitative per la immediata collocazione alloggiativa degli aventi titolo, secondo modalità operative da definire in un Tavolo tecnico già convocato presso l'assessorato al patrimonio. La soluzione messa in campo, che consentirà di procedere a liberare definitivamente ed in condizioni di sicurezza l'immobile sito in via Curtatone, sarà oggetto di attento monitoraggio da parte della Prefettura che, in prossimità della scadenza del termine dei sei mesi provvederà a convocare un nuovo Tavolo, per verificare le soluzioni nel frattempo messe in campo dagli Enti istituzionali coinvolti per una gestione strutturata della problematica". Ma per ora i rifugiati continuano a rifiutare ogni ipotesi: non vogliono trasferirsi fuori Roma perché hanno bambini che vanno a scuola, altri lavorano nella Capitale. Ci sono poi casi particolarmente vulnerabili di persone seguite negli ospedali romani: come una ragazza incinta che ha un grave problema di salute, un signore in dialisi, diversi anziani.
Msf: "Violenza che colpisce tutti". Per tutta la giornata sono stati presenti in piazza i rappresentanti delle organizzazioni che si occupano della tutela dei migranti e dei rifugiati in Italia."Ancora una volta a Roma ci sono sgomberi senza preavviso e senza alternativa – sottolinea Tommaso Fabbri, capo-missione in Italia di Medici senza Frontiere -. Senza una soluzione concreta, le persone hanno continuato in questi giorni a dormire in strada. Tra loro, ci sono donne, persone vulnerabili, casi medici, rifugiati che hanno bisogno di una presa in carico. Ora, senza un’alternativa, le persone si stanno agitando e protestano, ma questa è una violenza che colpisce tutti”.
Centro Astalli: "Prima serviva una soluzione". Sulla stessa linea anche padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli. “Siamo molto preoccupati perché manca una progettualità alternativa – afferma -. Qui si tratta di persone con permesso di soggiorno, titolari di protezione internazionale, rifugiati. Bisognava cercare una soluzione prima e individuare un percorso per loro. Solo in un secondo tempo si doveva procedere a chiudere questa situazione”.
Mons. Lojodice: "Stare con i deboli". Mons. Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma e delegato Migrantes della Conferenza episcopale del Lazio, evidenzia in una nota anche "l'inadeguatezza del termine 'sgombero', usato per macerie e rifiuti e non adatto alle persone".
"Stiamo rivelando - scrive - il vero volto delle nostre intenzioni: liberarci di qualcosa, o forse di… qualcuno. Ma è pura illusione: quelle persone esistono, sono vive, in carne ed ossa, respirano, mangiano: sono come noi, come me come tutti… L'unica differenza è che sono nate nel posto sbagliato, sono cresciute nel posto sbagliato e, purtroppo, non vorrei dirlo, sono 'arrivate' nel posto sbagliato".
I rifugiati lanciano oggetti in strada per resistere allo sgombero - Foto Eleonora Camilli |
"Mi piacerebbe pensare che sono arrivate nel posto giusto", sottolinea richiamando i tre verbi usati da Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere, imtegrare. Perché - prosegue mons. Lojudice - non immaginare di accogliere, proteggere, promuovere, integrare migranti, rifugiati e chiunque si trova in una situazione di marginalità, italiani compresi?". Per il presule "se è vero che oggi la guerra è globale, perché non pensare di rendere globale anche la solidarietà? Non si tratta di favorire alcuni a scapito di altri ma di combattere insieme, uniti dal comune ideale di costruire realmente e concretamente un mondo migliore, quello che nel linguaggio della fede chiamiamo il 'Regno di Dio', che è 'già' ma 'non ancora'. Si sente dire che in mezzo a queste persone ce ne sono alcune che strumentalizzano, che approfittano di situazioni per propri interessi, i 'professionisti dell'occupazione', come vengono chiamati e viene rimproverato a noi uomini di Chiesa di difendere persone che non hanno nessun diritto e nessun bisogno, a volte veri e propri delinquenti. Ma in mezzo ci sono anche - sottolinea mons. Lojudice - anziani, bambini, donne la cui unica professione è quella di essere mamme. Ecco perché non possiamo non stare dalla parte dei più piccoli, dei più deboli: perché ce ne sono, e sono anche tanti. E noi non possiamo non stare dalla loro parte". (e.c.)