Vincent Lambert, a Parigi è il giorno del giudizio
AGGIORNAMENTO: La Cassazione dà il via libera alla morte
Giornata decisiva per le sorti di Vincent Lambert, l’uomo da 11 anni in stato di minima coscienza per il quale numerose sentenze, nel corso di questi ultimi anni, hanno previsto il distacco dell’alimentazione e dell’idratazione fino al sopraggiungere della morte. Nel pomeriggio la Corte di Cassazione di Parigi emette la sentenza sul ricorso presentato dal governo (ministeri della Salute e degli Esteri) contro la decisione presa dalla Corte d’Appello che il 20 maggio scorso aveva intimato alla Francia, e all’Ospedale di Reims, di attendere il pronunciamento del Comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità prima di avviare e portare a termine ogni tipo di azione nei confronti di Vincent.
La Corte d’Appello, chiamata in causa da quella parte della famiglia Lambert che lotta perché il loro congiunto non sia condotto alla morte (i genitori, una sorella e un fratello), aveva sentenziato che gli obblighi internazionali della Francia - che ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e il relativo Protocollo opzionale - comprendono il fatto di rispettare la richiesta avanzata dall’organismo delle Nazioni Unite competente per la disabilità, che aveva chiesto agli inizi di maggio alla Francia di non procedere all’applicazione delle sentenze fintanto che il dossier relativo alla vicenda Lambert non fosse stato interamente studiato da parte dei membri del Comitato.
Una decisione che aveva costretto il Centro di cure palliative di Reims a interrompere il protocollo che proprio poche ore prima, nella mattinata di quello stesso 20 maggio, era stata avviata, con il distacco dell’idratazione e alimentazione che avrebbe portato Lambert alla morte nel volgere di qualche giorno. In seguito alla decisione della Corte d’Appello, i medici erano stati costretti a ripristinare il sostegno vitale. Il paziente vive le giornate secondo la sua propria condizione clinica: alterna il sonno e la veglia e non è dipendente da alcun macchinario salvavita. Non è, cioè, in imminente pericolo di vita, né è in una fase terminale della propria esistenza. Privarlo di idratazione e alimentazione, con induzione della sedazione profonda, è la modalità individuata dai medici dell’ospedale e dalle sentenze per condurlo fino alla morte: un atto che per i contrari si configura sostanzialmente come eutanasico, che nulla ha a che vedere con l’accanimento terapeutico. I genitori di Lambert continuano a chiedere il suo trasferimento in una struttura specializzata nel trattamento dei casi di minima coscienza (quello di Reims è un centro di cure palliative).
Il presidente Macron, che in quel 20 maggio agli appelli che lo invitavano a salvare la vita a Lambert aveva risposto di non volersi e di non potersi “immischiare” in una vicenda vagliata più volte dai tribunali, ha poi dato il suo via libera all’azione del governo, che ricorrendo in Cassazione mira a rovesciare la decisione della Corte d’appello e ad ottenere la possibilità di procedere nuovamente con l’applicazione del protocollo che condurrà Lambert alla morte. Una misura invocata dal ministero della Salute e dal ministero degli Esteri, per i quali non sussiste alcun obbligo giuridico, da parte della Francia, al rispetto delle richieste avanzata dal Comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità.
La Cassazione si è già riunita per discutere del ricorso lo scorso 24 giugno, con l’esposizione delle argomentazioni dei vari legali impegnati in questa lunga e complessa vicenda giudiziaria. E se l’avvocato che rappresenta i genitori di Lambert ha basato la sua argomentazione sul fatto che “il diritto alla vita è il primo di tutti i diritti e condiziona tutti gli altri che gli sono subordinati”, il procuratore generale ha all’opposto affermato che il diritto alla vita non può essere considerato come valore supremo. Oltre alle due opposti visione giuridiche riguardo agli obblighi internazionalmente vigenti sulla Francia in seguito alla ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, la spaccatura è anzitutto di tipo etico sanitario: da un lato, il condurre il paziente alla morte in considerazione del suo stato ormai irrimediabilmente compromesso; dall’altro, il rifiuto di ogni atto che intenzionalmente porti alla morte di un paziente in stato di grave disabilità.