Stop ad alimentazione e idratazione, riprende il protocollo che porterà il paziente alla morte. Eppure venerdì scorso la Corte di Cassazione non aveva sciolto il dilemma sul carattere vincolante o meno della richiesta indirizzata dal Comitato Onu alla Francia. Posizioni contrapposte, epilogo in vista
Nella mattinata di martedì 2 luglio, il dottor Sanchez, capo dell'équipe medica del Centro di cure palliative di Reims, ha comunicato alla famiglia di Vincent Lambert, con una e-mail inviata sia alla moglie Rachel sia ai genitori Pierre e Viviane, la decisione di rimuovere i sostegni vitali (alimentazione e idratazione) riavviando il protocollo che condurrà il paziente, da 11 anni in stato di minima coscienza, alla morte.
La decisione arriva dopo che venerdì scorso, 28 giugno, la Corte di Cassazione aveva annullato, per incompetenza dei giudici, la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Parigi aveva imposto ai medici, nella tarda serata del 20 maggio scorso, di riprendere i sostegni vitali che erano stati rimossi nella mattinata di quello stesso giorno.
In realtà, neppure la sentenza della Corte di Cassazione, depositata quattro giorni fa, ha dipanato totalmente il nodo giuridico intorno al quale ruota la vita di Vincent Lambert e il destino di una famiglia spaccata in due, con la moglie Rachel (tutore legale) che appoggia la volontà dei medici di sospendere idratazione e alimentazione, e i genitori Pierre e Viviane che invece la avversano.
La sentenza della Cour de Cassation
Da un lato la sentenza con la quale la Corte di Cassazione, venerdì scorso, è intervenuta sul caso, ha annullato la decisione della Corte d'Appello di Parigi che il 20 maggio scorso, poche ore dopo l'avvenuto distacco dei sostegni vitali, aveva ordinato allo Stato francese di rispettare la richiesta avanzata dal Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità di non applicare il protocollo fintanto che il collegio Onu non avesse analizzato nel dettaglio il caso; d'altro canto però nella sua sentenza la Cassazione ha scelto di non pronunciarsi sul carattere vincolante o meno di una richiesta cautelare formulata dal Comitato Onu ad uno Stato, evitando dunque di prendere posizione su quello che appare un dato essenziale, e cioè l'obbligo o meno, in questo caso per la Francia, di dare seguito alle disposizioni delle Nazioni Unite. La Cassazione si è limitata a stabilire che la Corte d'appello non aveva la competenza per intervenire, nella serata di quel 20 maggio, sul caso, e ha annullato le sue disposizioni. Ma una decisione sull'obbligo o meno per la Francia di rispettare le richieste del Comitato Onu non è arrivata.
Le due opposte posizioni legali
Per i legali della moglie Rachel e degli altri fratelli che insieme ai medici chiedono lo stop ai trattamenti vitali, la decisione - che è definitiva perché non rinvia il caso ad alcun altro organo giudiziario - di per sé riapre la strada alla sospensione di idratazione e alimentazione, rendendo di fatto possibile in ogni momento la ripresa del protocollo che porterà Lambert alla morte (decisione effettivamente presa nella mattinata del 2 luglio). Secondo i legali dei genitori Pierre e Viviane, invece, poiché la Cassazione non si è pronunciata sul carattere obbligatorio delle misure cautelari chieste dal Comitato Onu, tali misure sono ancora valide e dunque in capo all'équipe dell'ospedale di Reims sussiste il dovere di mantenere attive alimentazione e idratazione. "Se la richiesta del Comitato Onu non dovesse essere rispettata - hanno argomentato subito dopo la pronuncia della Cassazione i legali - il dottor Sanchez (capo dell'équipe medica, ndr) si assumerà la responsabilità esclusiva della violazione di tali misure provvisorie". E per questo annunciavano che se verrà riavviato il protocollo, sarà presentata una denuncia per omicidio premeditato di persona vulnerabile a carico del dottor Sanchez e un esposto penale nei confronti dei ministri del governo per non aver fatto rispettare le misure provvisorie stabilite dall'Onu.
La madre di Lambert al Palazzo Onu di Ginevra
I quattro giorni trascorsi dalla sentenza alla decisione di riavviare il protocollo sono serviti ai due contrapposti schieramenti per valutare legalmente le conseguenze del pronunciamento della Cassazione. E' evidente - vista la decisione presa - che le valutazioni degli avvocati dei medici e della moglie Rachel hanno rassicurato riguardo alla possibilità di poter legittimamente interrompere i sostegni vitali. Per scongiurare questa eventualità, i legali dei genitori si erano mossi per trovare nuove sponde. Come quella cercata nella giornata di ieri, quando la madre di Lambert ha parlato a Ginevra ad una tavola rotonda organizzata a margine della 41esima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, l'organo intergovernativo che vigila sul rispetto da parte degli Stati degli impegni che hanno assunto nel campo dei diritti umani. Fra questi, anche quelli stabiliti dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità (ratificata dalla quasi totalità degli Stati del mondo) e sui quali è chiamato al controllo quel Comitato Onu che nel caso di Lambert ha per l'appunto chiesto alla Francia di garantire la vita del paziente fino all'analisi completa del suo caso. La tavola rotonda di Ginevra ha affrontato proprio la problematica legale rispetto al carattere - vincolante o meno - della richiesta Onu, proponendo le argomentazioni favorevoli a tale vincolo. "Vincent non è alla fine della sua vita, non è un vegetale: chiedo aiuto, la sua condizione è quella di una persona disabile", aveva affermato la donna. "Siamo di fronte ad una grave violazione degli impegni internazionali della Francia a danno di una persona disabile", aveva ribadito al suo fianco l'avvocato Jérôme Triomphe evidenziando come invece, secondo il ministro della sanità francese, Agnès Buzyn, la Francia non sia "obbligata" a rispettare la richiesta del Comitato Onu. Una convinzione ribadita, una volta di più, dalla decisione attuata dai medici di riavviare il protocollo che porterà Lambert fino alla morte (ska)