28 aprile 2015 ore: 14:56
Giustizia

Violenza contro le donne: sempre più giovani gli uomini che chiedono aiuto

Aumentano i ragazzi tra i 23 e 30 anni che si rivolgono al centro C.a.m di Firenze. La responsabile Pauncz: “E’ un cambiamento culturale importante”. Al via Relive, la prima associazione nazionale dei centri per uomini autori di violenza
Violenza donne: uomo maltrattante disperato

ROMA – “Solo qualche spintone – pensava- niente di più”. Ma quando Mario (nome di fantasia) alla fine di una lite ha dovuto accompagnare la sua fidanzata al pronto soccorso, si è reso conto dagli sguardi degli infermieri,  che il suo non era proprio un “comportamento normale”. E così ha deciso di farsi aiutare. La sua è una storia comune a quella di tanti altri uomini maltrattanti, che usano violenza sulle proprie compagne, molto spesso anche senza accorgersene. Un comportamento che riguarda sempre di più anche ragazzi molto giovani. A sottolinearlo è Alessandra Pauncz, psicologa e psicoterapeuta, fondatrice del primo centro per uomini violenti, il C.a.m di Firenze. Un’esperienza che dal 2009 ha fatto da apripista a molti altri progetti sul territorio nazionale, che oggi hanno deciso di mettersi insieme dando vita a Relive, la prima associazione nazionale italiana che riunisce nove centri che attuano programmi per uomini autori di violenza di genere.

- Uomini violenti: tra loro sempre più giovani. “Le storie di chi si rivolge ai nostri centri nella maggior parte dei casi si somigliano tutte – spiega Pauncz – . Sono uomini che spesso commettono atti violenti senza pensare alla gravità dei loro gesti, considerandoli quasi normali. E che si decidono a venire perché le compagne o le mogli minacciano di lasciarli e andarsene. In molti casi non si arriva a vere e proprie botte, magari si tratta solo di strattonamenti che, però, posso avere come conseguenza una brutta caduta e un ricovero in ospedale. In altri casi la situazione è molto più grave, si arriva anche a tentati strangolamenti e percosse, ma in generale si tende sempre a minimizzare”. Negli ultimi mesi spiega ancora Pauncz a fare ricorso ai centri antiviolenza sono sempre di più anche ragazzi molto giovani, tra i 23 e i 30 anni. “Negli ultimi sei mesi abbiamo riscontrato un abbassamento dell’età degli utenti che si sono rivolti al nostro centro a Firenze. Ragazzi anche molto giovani– afferma -. Sono uomini alla prese con la prima relazione importante della loro vita, e che si trovano a non saper gestire il confronto. E per questo ricorrono alla violenza. A volte ci raccontano di episodi gravissimi e di come mentre li commettevano non riuscivano a capire il disvalore dei loro gesti”: Per Pauncz, che molti giovani decidano di farsi curare è un fatto positivo: “non solo perché si rompe lo stereotipo dell’uomo maltrattante come un uomo anziano legato a una vecchia idea della donna, mentre sappiamo che il fenomeno può riguardare tutti. Ma anche perché vuol dire che l’opera di sensibilizzazione fatta in questi anni ha funzionato. Questo ci dice che è in atto un cambiamento culturale importante”.

Il progetto Relive. Programmi condivisi, scambio di esperienze e un radicamento sempre più capillare sul territorio. Sono questi gli obiettivi di Relive, la prima associazione dei centri antiviolenza italiani. “L’esigenza di mettersi in rete è nata dopo un percorso di conoscenza e incontro reciproco con gli altri centri presenti sul territorio – spiega Pauncz - . Abbiamo lavorato su documenti condivisi e sui programmi. L’obiettivo è garantire la qualità dei centri e migliorare l’intervento, attraverso lo scambio di esperienze. Le tipologie dei sex offenders infatti sono tante, così come sono diverse le modalità di intervento. Lo scopo, non è solo curare queste persone ma anche mettere in sicurezza le loro compagne, e i loro figli”. In tutto sono nove i centri che fanno parte di Relive. “Vogliamo garantire una presenza capillare dei nostri centri sul territorio – conclude – ma per farlo ci servirebbe un sostegno economico maggiore da parte delle istituzioni. Oggi questi centri si finanziano grazie alla sensibilità degli enti locali, ma le difficoltà per andare avanti sono tante. Siamo in attesa del nuovo Piano nazionale sulla violenza di genere, e speriamo ci siano risorse in più per i centri antiviolenza. Perché se rinunciamo a questa partita mettiamo a rischio innanzitutto le donne”. (ec)

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