Vite in simbiosi: storie di persone disabili e del loro cane assistente
Alberto e Louis (foto associazione Puppy Walker)
ROMA - "Yago mi accompagna a lezione, al mercato e sul treno, viene a messa con me prendendosi un sacco di coccole da tutto il quartiere, raccoglie gli oggetti caduti a terra, mi aiuta a togliere giacche, felpe e maglioni, mi porta il pigiama". Sara Gulotta ha 25 anni, è in carrozzina, viene da Brescia ma frequenta la facoltà di Pedagogia all’Università di Padova: una studentessa fuorisede che vive in uno studentato con le sue coinquiline e un "dolcissimo" labrador di tre anni e mezzo. Prosegue l’inchiesta di Michela Trigari pubblicata sulla rivista “SuperAbile Inail”.
"Sono stati i miei genitori a volere che prendessi un cane da assistenza quando ho deciso di trasferirmi a Padova per studiare", racconta. "All’inizio è stato uno sconvolgimento totale: lo desideravo tanto, ma l’idea di dover accudire un animale, per me che non sono autosufficiente, mi spaventava. Quando però ho capito che potevo facilmente prendermi cura di lui, ho cambiato la visione di me stessa e la prospettiva per il futuro: al di là dell’aiuto concreto, mi sono sentita più sicura e meno sola, soprattutto nei momenti di scoramento. Avere una routine che costringe a giocare con Yago e a fare una passeggiata con lui aiuta ad attirare l’attenzione positiva della gente e a uscire da se stessi", confida Sara.
"Ora lo porto dappertutto, tranne in quelle situazioni che possono creargli troppo stress come per esempio un concerto". Prima di stare definitivamente insieme, i due si sono visti solo due volte durante l’anno e mezzo di addestramento del cane. Yago infatti è stato formato “a distanza” dall’associazione Il mio labrador di Macerata, nelle Marche. "Siamo nati nel 2015 e abbiamo già consegnato 13 cani da assistenza disabili, undici li daremo entro fine anno e altri nove sono in preparazione", dice Andrea Zenobi, presidente dell’associazione marchigiana. "Tra questi c’è anche Roy, un cucciolo che presto andrà ad aiutare Manuel Bortuzzo, il nuotatore finito in carrozzina a causa di un colpo di pistola alla schiena".
Alberto, Lois e la sclerosi multipla
Basta una simpatica meticcia che fa da sostegno in molte altre faccende domestiche per uscire di casa più volentieri, socializzare e trovare uno stimolo per reagire a una malattia invalidante. "Da due anni sono in compagnia di una fantastica meticcia di nome Lois, che era stata abbandonata nelle campagne di Catania e che ho adottato attraverso il web. All’inizio era semplicemente un cane da compagnia, ma ora è molto di più. Tutte le mattine alle sei Lois mi sveglia leccandomi la faccia, recupera il telefono e me lo porta a comando, e “mi dà una zampa” in molte altre faccende". A parlare è Alberto, quarantenne trevigiano che da nove anni convive con la sclerosi multipla tra problemi motori e psicologici. Ma con l’arrivo di Lois tutto è cambiato.
"Esco di casa più volentieri, riesco a socializzare molto più di prima, sono riuscito a trovare uno stimolo per reagire. Quotidianamente facciamo 15 minuti di addestramento per sei volte al giorno: per Lois qualsiasi cosa le chieda di fare è un gioco, lei scodinzola, si diverte e nello stesso tempo mi aiuta. Ogni volta che la vedo all’opera rimango sempre stupefatto dalla sua capacità di apprendimento: è veramente incredibile, impara nel giro di poco tempo (forse il segreto sono le salsicce che le do come premio quando esegue un comando). A parte questo piccolo dettaglio, è proprio brava. Ricordo un giorno terribile in cui non riuscivo a muovermi, avevo un mal di testa pazzesco e lei è stata per nove ore vicino al mio letto senza mai allontanarsi". Lois è stata formata grazie all’associazione di volontariato Puppy Walker di Selvazzano Dentro, vicino Padova. "Siamo nati nel 2004 per addestrare cani guida per ciechi, ma da un anno e mezzo ci occupiamo anche di cani da assistenza nonostante la difficoltà di reperire risorse", dice Paola Boaretto, presidente della onlus. "Oltre a Lois c’è anche Moira, voluta dai genitori di Laura per aiutare la figlia di dodici anni con una disabilità intellettivo relazionale".
Roberta e Guido, un “accompagnatore” adottato da grande
Lei è non vedente, lui invece è stato abbandonato e portato al canile. Ora è il suo cane guida, dopo solo sei mesi di formazione fatta insieme. Lei ha perso la vista per colpa di un glaucoma, lui viene dal canile nonostante sia "buono, bravo e con un faccione simpaticissimo". Lei è stata a capo dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Verona, attualmente lavora in una compagnia assicurativa e riveste la carica di presidente della Consulta comunale della disabilità, lui invece è stato abbandonato in quel di Napoli e ora è il suo cane guida dopo solo sei mesi di formazione effettuata sul posto e non in una delle tante scuole di addestramento tradizionali.
"Adottato da “adulto”, a sette anni, Guido è riuscito a diventare un valido aiuto per muoversi in autonomia" grazie al progetto “Quando è un cane che ti accompagna” realizzato dell’associazione Voci oltre noi di cui Roberta Mancini è l’anima. "Un progetto etico, non per tutti i cani e non per tutti i ciechi, ma certamente un’opportunità per chi intende scegliere con consapevolezza il proprio “accompagnatore” coadiuvato da un veterinario comportamentalista e da un istruttore o educatore cinofilo. Gli scopi sono principalmente quelli di ridurre al minimo la possibilità che l’abbinamento cane guida-padrone fallisca, formando entrambi sul luogo di residenza e non a distanza, lavorando sulla loro relazione, sull’orientamento, sulla mobilità e sui posti che frequentano più spesso, e di accorciare i tempi di attesa – nonché i costi – per la formazione e la consegna, dando al tempo stesso una chance anche ai cani più sfortunati", spiega Roberta, classe 1967.
"Dal 2014 a oggi abbiamo fatto quattro abbinamenti tra persone non vedenti e animali presi dal canile: non ne facciamo una questione di numeri ma di cultura". Un altro progetto che sta molto a cuore a Voci oltre noi è “Animabili”: un libro fotografico con gli scatti d’autore di Gianluca Balocco voluto "per canalizzare l’attenzione verso quei cani o gatti zoppi, ciechi, sordi o senza una zampa che nessuno vuole, ma che invece hanno la capacità di accettare la propria disabilità con grande normalità. Dovremmo tutti imparare da loro".