7 aprile 2016 ore: 17:03
Non profit

Volontariato, calano le risorse per i centri servizio: "siamo preoccupati"

Il Coordinamento nazionale dei centri di servizio rilancia l’allarme. Nel 2016 scade l’accordo con Acri rinnovato nel 2013. Sui 77,5 milioni di euro a disposizione dei Csv nel 2014, 75 derivano proprio dal fondo alimentato dalle fondazioni. Tabò: “Il rilancio del terzo settore che la riforma prefigura sarebbe mortificato da una contrazione ulteriore”
Legge di stabilità, soldi

ROMA - Meno risorse dalle fondazioni di origine bancaria, riserve economiche in erosione a fronte di una riforma del terzo settore ormai all’orizzonte e un mondo del volontariato con crescenti necessità da soddisfare. È questo il quadro che si trova ad affrontare il Csvnet, il Coordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato, che oggi, presso la Sala Nassirya del Senato ha presentato il report aggiornato sulle attività dei centri sparsi su tutto il territorio nazionale alla presenza del sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali, Luigi Bobba. Nonostante gran parte degli interventi ufficiali abbiano ruotato attorno al tema della riforma, con commenti per lo più positivi, è il tema delle risorse quello che preoccupa maggiormente il coordinamento Csvnet. “Siamo preoccupati”, ha spiegato a margine della conferenza stampa il presidente del Csvnet, Stefano Tabò. “Noi non possiamo pretendere di avere delle risorse, ma in base quelle che avremo forniremo servizi”.

La questione ruota tutta attorno all’accordo con le fondazioni di origine bancaria. L’ultimo risale al 2013 e scade proprio quest’anno e per questo andrà ridiscusso nei prossimi mesi. Per comprendere meglio il peso delle fondazioni basta sapere che sui 77,5 milioni di euro a disposizione dei Csv nel 2014, 75 derivano direttamente dal fondo speciale per il volontariato alimentato dalle fondazioni di origine bancaria (34 milioni di residui attivi da anni precedenti più 41 di attribuzioni relative al 2014). Fondi dovuti in base a quanto stabilito dal testo unico sul volontariato, la legge 266 del 91, che al suo articolo 15 istituisce i fondi speciali presso le regioni che vengono rimpinguati in base al rendimento del patrimonio delle stesse fondazioni. Un meccanismo che oltre ad essere stato rivisto nei suoi termini, è stato anche una delle vittime della crisi finanziaria degli ultimi anni, a detta dello stesso Tabò. L’allarme, inoltre, non è nuovo. Già il report su dati 2013 presentato lo scorso anno evidenziava questa caduta di fondi. Ora, questo trend preoccupa maggiormente, soprattutto in vista di una riforma che affida nuovi compiti ai Csv. “Il progetto del rilancio del terzo settore che la riforma prefigura sarebbe mortificato da una fase di contrazione ulteriore delle risorse – ha spiegato Tabò -. Dati gli obiettivi ne devono conseguire delle scelte sul piano delle risorse, questo riguarda le istituzioni pubbliche, ma credo che riguardi anche le fondazioni bancarie”.

Secondo i dati contenuti nel report, negli ultimi cinque anni il rendimento del patrimonio delle fondazioni ha visto una contrazione di redditività superiore al 20 per cento. E come se non bastasse, a diminuire sono anche le riserve. “Ci troviamo nella situazione in cui aumentano i compiti e c’è una tendenziale diminuzione di risorse – ha spiegato Tabò -. Il report dice anche di un’altro aspetto, cioè l’erosione delle riserve. Negli anni passati erano state consolidate delle riserve nei Csv o presso le fondazioni stesse e queste riserve in questi anni tendono a ridursi”. E se le cose non dovessero cambiare, potrebbero creare già per gennaio 2017 “una situazione di difficoltà e di crisi – ha detto Tabò -, perché la riduzione sarà consistente”.

Tuttavia, per Tabò, è tempo che le fondazioni prendano decisioni coraggiose. “E’ chiaro che vorremmo che le fondazioni bancarie avessero una redditività ben superiore a quella che hanno – ha aggiunto Tabò -. Questo non è e la tendenza parla di un dato in diminuzione. Vorremmo capire, dato questo elemento, quali sono le considerazioni conseguenti. Non sempre bisogna fare le cose per obbligo, qualche volta lo si fa per convinzione”. Dalle istituzioni, intanto, non sembrano aprirsi nuovi spiragli. Lo stesso Bobba, a margine della conferenza stampa, non ha nemmeno accennato alla possibilità di nuove risorse per i Csv. “La legge di stabilità dà ai processi di applicazione della riforma una dotazione globale di 140 milioni quest’anno e 190 milioni il prossimo anno – ha detto Bobba -. I singoli decreti legislativi dovranno dire come e dove queste risorse vanno indirizzate. Bisognerà vedere nel complesso di queste attività che sono previste nei decreti legislativi come e in che modo saranno finanziate”.

Tocca aspettare, quindi, i prossimi mesi e il nuovo accordo con Acri per sapere se le nuove sfide contenute nella riforma del terzo settore avranno almeno un alleato dal punto di vista economico. Ma per Lorenzo Maria di Napoli, vice presidente della Consulta nazionale del Comitato di Gestione (CoGe) presso Acri (ha il compito di controllare e regolare il processo di utilizzo dei fondi istituiti in ogni regione) e presidente CoGe Calabria, la questione risorse in realtà non è la priorità. “I centri di servizio non riescono mai nell’anno a realizzare quello che programmano, quindi hanno notevoli riserve – ha spiegato di Napoli -. Quello della riduzione dei fondi non è un problema di primo piano. Con questo non voglio polemizzare con l’attività dei centri che è esemplare, le cifre sono da confermare e più che positive. È una bella rete, è un bel sistema. Csvnet opera bene in questo sistema e se il sistema non ha registrato in questi anni alcuna anomalia di gestione e malversazioni (qualche rarissima malversazione è stata immediatamente individuata), il merito è dei padri della 266 che quando istituirono questa legge, inserirono negli organi amministrativi e di controllo un rappresentate del comitato di gestione”.

Quello che occorre fare, ha aggiunto di Napoli, è puntare maggiormente su efficienza e efficacia. “I centri di servizio non sono volontariato - ha chiarito -. Sono espressione privata e lavorano con fondi privati. L’attività è di interesse pubblico, ma devono operare in maniera privatistica, quindi con efficienza ed efficacia. Ma questo lo diceva anche l’Agenzia delle Onlus”. Sul nuovo accordo, però, di Napoli non si sbilancia. “Le prospettive dell’accordo sono tutte da costruire e sicuramente ci sarà massima disponibilità da parte delle fondazioni a riconoscere questo tipo di lavoro – ha aggiunto -. Le fondazioni hanno già accreditato la Fondazione con il sud di un ulteriore finanziamento, per il resto è da costruire e dipende da come si muoveranno gli attori in campo”. (ga)

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