Volontariato, un solo Centro di servizio per regione? La riforma fa discutere
ROMA – Riorganizzazione in arrivo per i Centri di servizio per il volontariato (Csv): si punta a una regionalizzazione dei centri (oggi sono quasi 80, molti dei quali provinciali) per attuare un sistema di controllo più semplice e una gestione più efficace delle risorse. Ma sul progetto di riforma è già polemica.
A rendere pubblica la questione, discussa fino ad oggi solo in seno al Coordinamento nazionale del centri di servizio, Csvnet, è il Movi, Movimento di volontariato italiano che in una lettera inviata alle associazioni federate espone tutte le preoccupazioni riguardo al progetto di riforma del sistema dei Centri di servizio. Nella nota del Movi si parla “dell’ipotesi abolizione dei Centri di Servizio nel territorio e la loro sostituzione con Csv regionali emanazione di un Comitato di Gestione nazionale che detterebbe gli indirizzi al sistema ed effettuerebbe il controllo, sostituendo in tal modo anche le strutture Co.Ge. (strutture di controllo dei centri composte a maggioranza da membri indicati dalle Casse di risparmio locali, ndr) come oggi operanti”. “Riteniamo tale proposta deleteria per il futuro del volontariato diffuso nel nostro paese – aggiunge il Movi – e probabilmente ispirata a meri interessi di ulteriore taglio delle erogazioni al mondo del volontariato o a interessi di organismi nazionali che centralizzerebbero funzioni oggi territorializzate.
A confermare le intenzioni di riforma è lo stesso Stefano Tabò, presidente di Csvnet, secondo cui la volontà di intervenire sulla gestione dei centri nasce ben prima della bozza di riforma del terzo settore avviata dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. “Ci stiamo confrontando dall’inizio del 2013 su delle ipotesi che ci spingano al cambiamento – spiega Tabò – Il nostro metodo è stato quello di un percorso partecipato sui temi e direi che la chiave interessante di sviluppo è quella di una confederazione a livello regionale degli attuali centri di servizio in modo tale da allocare sul livello regionale e nazionale compiti e funzioni che meglio possono essere svolti. La riforma del terzo settore ha accelerato e attualizzato il nostro percorso”.
L’ipotesi di riorganizzazione presa in considerazione da Csvnet, chiarisce Tabò, punta ad “approdare ad un modello di gestione regionale con funzioni di pianificazione e rappresentanza” che trasformerà la pluralità di Centri presenti sui territori in un solo Csv per regione o provincia autonoma. Una riorganizzazione che tenga conto di criteri demografici e territoriali e da realizzare nell’arco di un triennio. “Per quanto riguarda il processo di trasformazione ci siamo dati tre anni – aggiunge Tabò – Ci pare che sia un tempo congruo che permetta di individuare delle soluzioni, per non compromettere il percorso e le attività che si stanno svolgendo e adattare il sistema alla nuova situazione”. Per il presidente di Csvnet, però, la regionalizzazione “non è appiattimento. Come CsvNet non rinunceremo mai al radicamento territoriale che abbiamo sempre difeso, così come non rinunceremo all’esperienza di decine di servizi che in termini pionieristici che hanno costruito qualcosa di interessante”. In realtà, in Italia esistono già dei centri unici regionali, aggiunge Tabò. “Toscana, Marche, Friuli, Sardegna e Basilicata hanno centri unici regionali – spiega -, ma ci sono anche casi come il Molise dove sono più i centri delle province. È una situazione molto variegata. Dal nostro punto di vista, voler creare un livello regionale è sempre stato tra i nostri obiettivi, perché è importante per l’unità delle prospettive del volontariato”.
Secondo passo, quello che riguarda il sistema di controllo degli stessi Centri per approdare, spiega Tabò, ad una “semplificazione sia delle procedure, che dei contenuti. Francamente vorremmo che si affermassero principi e criteri analoghi su tutto il territorio nazionale”. Per il presidente di Csvnet, infatti, non è più tempo di un sistema “in cui in una regione o in una provincia è obbligatorio ciò che magari in un’altra provincia non lo è. Non è corretto per una politica integrata”.
Infine il nodo delle risorse. A spingere il coordinamento verso una profonda riflessione sull’organizzazione territoriale ci sono anche questioni economiche. Negli ultimi dieci anni, infatti, le risorse erogate dalle Fondazioni di origine bancaria, tenute a devolvere un quindicesimo degli utili ad attività di volontariato in base all’articolo 15 della legge 266 del ’91, sono crollate ed oggi sono solo un terzo di quelle del 2001. “In questo momento siamo sotto gli effetti pesantissimi della crisi economica e finanziaria – spiega Tabò – C’è una diminuzione drastica di redditività da parte delle fondazioni, che insieme all’effetto di alcune interpretazioni normative sul calcolo del quindicesimo ha ridotto il volume delle erogazioni nei nostri confronti. Oggi siamo circa ad un terzo del quindicesimo del 2001. Nel 2001 erano intorno ai 90 milioni, oggi siamo a circa 31 milioni di euro. Siamo sotto la soglia di sostenibilità, rispetto all’organizzazione messa in campo e questo è un problema da risolvere”.
Per il Consiglio direttivo dei Csvnet, la proposta di riforma “è già ufficiale”, aggiunge Tabò, perché è “doveroso arrivare pronti all’appuntamento della riforma complessiva del Terzo settore”. Tuttavia, ci sarà la possibilità di un allargamento del dibattito con tutta la base sociale del sistema dei centri. “Per quanto riguarda la migliore declinazione dei temi di cui parlavo – continua Tabò - ci riuniremo in un’assemblea straordinaria l’8 novembre perché vogliamo allargare il confronto. Non è un modo per dilatare la discussione. Sappiamo che è un percorso impegnativo e riteniamo che sia l’assemblea dei centri di servizi ad individuare quei punti che formeranno il mandato della prossima consigliatura, perché siamo prossimi al cambio degli organi sociali”.(ga)