30 dicembre 2013 ore: 11:45
Economia

Welfare, bilancio 2013. Fondi sociali immutati, passo avanti sulla povertà

Poteva essere l’anno della svolta, si chiude così come era iniziato. Restano pressoché identiche le dotazioni dei capitoli specifici. Ma per l’indigenza grave arriva oltre mezzo miliardo per il biennio. E nel 2014 si potrà valutare l’impatto dell’Isee
Povertà. Uomo a terra chiede elemosina

Ancora un anno di transizione per i temi sociali. Se il 2012 era stato caratterizzato dal “governo dei tecnici” guidato da Mario Monti, il 2013 ha vissuto per vari mesi la campagna elettorale e le elezioni politiche e poi la tormentata nascita del “governo delle larghe intese” guidato da Enrico Letta. Con una politica concentrata sui propri equilibri e sul suo stesso futuro, con le emergenze della crisi economica da fronteggiare e con priorità imposte più da calcoli sul consenso che dal buon senso (vedi il pasticcio sull’abolizione dell’Imu), il governo non ha avuto (né forse poteva avere) la forza di avviare provvedimenti strutturali sul welfare, tantomeno vere riforme. 

boxSi chiude così un altro anno deludente, con qualche piccola buona notizia, con il ricordo tragico delle stragi di migranti, con la consueta speranza che il prossimo sia migliore. Abbiamo riassunto gli eventi principali del 2013 in 6 articoli: sui fondi per il sociale, la povertà, la disabilità, l’immigrazione, il carcere, il servizio civile. Trovate il primo qui di seguito, gli altri solo su RS, l’Agenzia giornalistica di Redattore sociale.

ROMA – La speranza era quella di cambiare passo, di riprendere quota e di uscire finalmente da una terribile fase durata anni. L’obiettivo dichiarato per il 2013 si è però rivelato, allo stato dei fatti, quasi solamente un’illusione: nonostante le buone intenzioni, le parole spese e gli impegni presi, infatti, l’attenzione ai temi del sociale è rimasta flebile e sporadica, poco incisiva rispetto alle corpose esigenze del settore e sostanzialmente marginale rispetto ai grandi temi che hanno caratterizzato le politiche pubbliche dell’anno che ci lasciamo alle spalle.

Dodici mesi dopo, è una situazione che si ripete quasi identica: sono cresciute le esigenze dei soggetti fragili (poveri, disabili, immigrati, detenuti, famiglie numerose, ecc) ma le risorse a disposizione sono rimaste sempre quelle. Certo, molte di più di quelle che avevano caratterizzato gli anni più recenti, ma pur sempre poche, pochissime, se confrontate con i bisogni ai quali dovrebbero rispondere. Tutti fermi al palo, quindi, a stringere ancora i denti, a rimboccarsi le maniche, a dirsi che ancora per un po’ di tempo bisognerà fare affidamento quasi solo sulle proprie forze. Niente di nuovo sotto al cielo.

E dire che il governo Letta avrebbe potuto (e forse anche voluto) fare molto di più di ciò che effettivamente ha fatto. Senza l’incubo giornaliero dello spread, con qualche margine di manovra in più rispetto al governo Monti, era lecito aspettarsi qualcosa di diverso dalla sostanziale riconferma delle cifre messe a disposizione già lo scorso anno. Se l’esecutivo dei tecnici, pur con tutti i suoi limiti, aveva comunque messo in campo una prima inversione di tendenza rispetto al sostanziale azzeramento dei fondi che il governo Berlusconi aveva attuato fra il 2008 e il 2011 (si era passati in quattro anni dagli oltre 2 miliardi e mezzo destinati a specifici fondi di natura sociale a una manciata di milioni), quello di Letta era chiamato a metterci a faccia, a individuare gli interventi da attuare (peraltro già ampiamente conosciuti dagli addetti ai lavori) e ad attuarli nel concreto.

Questo non è successo e probabilmente non succederà neppure a breve. Le cifre recuperate dal ministero dell’Economia nella legge di stabilità che stanzia i fondi per il 2014 sono assai poco confortanti: sostanzialmente inalterato il Fondo per le politiche sociali (a quota 317 milioni), piccolo incremento – e sotto la pressione delle proteste di piazza attuate da gruppi di disabili gravi – per il Fondo per la non autosufficienza, che conferma una dotazione di 275 milioni cui se ne aggiungono altri 75 destinati esclusivamente alle disabilità gravi. Fra mille polemiche resta monco il 5 per mille (tetto fissato a 400 milioni), mentre il servizio civile, letteralmente caduto in disgrazia negli ultimi anni, potrà contare su 105 milioni. Fra le briciole della legge di stabilità ci sono anche 20 milioni al Fondo per le politiche della famiglia (e ci sarebbe un intero Piano nazionale da attuare), 30 al Fondo per l’infanzia e adolescenza, 10 milioni contro la violenza sulle donne, 40 milioni per i minori stranieri non accompagnati, 14 milioni per le pari opportunità.

Deludente poi la vicenda della messa a regime di uno strumento stabile di contrasto alla povertà assoluta: il “Sia” (sostegno di inclusione attiva), battezzato dal ministro del Welfare Giovannini dopo ampio confronto con i tecnici del settore, al di là delle intenzioni per il futuro rimane di fatto sulla carta. La nota confortante è che, con varie aggiunte nel corso dell’anno, e in extremis con il decreto Milleproroghe del 27 dicembre, si è riusciti a portare ad oltre mezzo miliardo di euro i fondi a disposizione per sperimentare nel prossimo biennio la nuova social card, prevalentemente nel Mezzogiorno. Indubbiamente un passo avanti, dato che non c’erano mai stati tanti soldi a disposizione per la lotta alla povertà assoluta, ma non si può parlare certo dell’avvio di quella misura strutturale annunciata dal ministro.

In questo contesto, non può passare come un successo la pur positiva decisione di scongiurare definitivamente l’aumento dell’Iva per le cooperative sociali, mentre restano ancora tutte da chiarire nella pratica quotidiana le conseguenze della riforma, questa sì portata a termine, dell’Isee, l’indicatore della situazione economica delle singole persone e delle famiglie. Il nuovo “riccometro” promette di togliere ogni aiuto a quei “finti poveri” che negli anni hanno goduto – senza averne diritto - di quegli aiuti che lo Stato e gli enti locali hanno distribuito sotto forma di soldi o servizi (asili nido e servizi educativi per l’infanzia, assegni al nucleo familiare con tre figli minori, mense scolastiche, borse di studio, servizi sociosanitari, agevolazioni sulle bollette di luce e gas, e via dicendo). Nel frattempo però, è criticato soprattutto dalle associazioni familiari e da quelle delle persone disabili, che temono dalle nuove norme un effetto boomerang proprio su disabili e famiglie con più figli. Timori che saranno confermati o smentiti solamente dopo la primavera 2014, quando è prevista la sua effettiva entrata in vigore. (ska)

Gli altri articoli su RS, l’agenzia giornalistica di Redattore sociale:

Povertà, niente “Sia” né reddito minimo: si punta sulla nuova Social card

Disabilità, un 2013 da prima pagina. Ma solo per le proteste di piazza

Immigrazione 2013, Lampedusa sempre più simbolo di un annus horribilis

Carcere 2013: miglioramenti lenti, nonostante due decreti per “svuotare”

Servizio civile, nel 2013 l’apertura agli stranieri e qualche altra buona notizia

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