Welfare. Forumdd e Asvis: “Una regia pubblica per garantire l’universalità di accesso ai servizi e tutelare i lavoratori”
Per garantire l’universalità di accesso ai servizi sociali essenziali e tutelare la dignità di lavoratori e lavoratrici impegnati nel settore occorre una regia pubblica forte e capace di attivare processi di co-progettazione e co-programmazione con il privato sociale, che deve proporsi come un attore competente, in grado di rilevare la multidimensionalità dei bisogni delle persone. Di questi argomenti si è discusso all’evento “Il pubblico che serve: come assicurare equità di accesso e dignità del lavoro” organizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (Asvis) in collaborazione con il Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD) nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2024, per approfondire le strategie con cui raggiungere in particolare gli Obiettivi 1 “Sconfiggere la povertà” e 10 “Ridurre le disuguaglianze" dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu.
“Per affrontare l’aumento dei divari sociali e territoriali occorre dare attuazione a politiche sociali funzionali al perseguimento di uno sviluppo sostenibile, nell’ambito di una programmazione di ampio respiro accompagnata da investimenti adeguati – afferma Pierluigi Stefanini, presidente dell’Asvis. – L’accessibilità e l’inclusività dei servizi sociali si realizza coniugando lo sviluppo locale con la coesione territoriale, coinvolgendo le persone e le comunità, ed evitando la frammentazione verso cui tende la riforma per l’autonomia differenziata, che rischia di aumentare le disuguaglianze economiche e sociali e limitare le opportunità di generare uno sviluppo sostenibile nei territori più fragili, in particolare il Sud Italia”.
“Serve un pubblico che sia così competente e lungimirante da affiancare il proprio ruolo di coordinamento e governo dei processi e degli interventi riconoscendo gli altri soggetti non come meri ‘attuatori’ di politiche ma come ‘attori’ delle stesse. Un pubblico consapevole che la complessità dell’oggi può essere affrontata solo con la messa a sistema di una funzione pubblica agita come ambito collettivo e multi-attoriale”, ha dichiarato Andrea Morniroli, co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità.
Le riflessioni dell’evento si sono articolate su tre aree di lavoro: salute, povertà educativa e lotta alla povertà e la promozione dell’inclusione sociale. Ciascun panel ha alternato una relazione di esperti e la presentazione di esperienze virtuose sul territorio.
L’evento ha affrontato il tema della gestione integrata dei servizi a sostegno del benessere delle persone e delle comunità, che deve andare nella direzione del rafforzamento del servizio pubblico e della tutela e valorizzazione del lavoro sociale. Dai tavoli di lavoro è emersa la necessità di una regia complessiva pubblica che sappia facilitare l’integrazione tra pubblico, terzo settore e privato sociale. La leadership del settore pubblico risulta cruciale anche per quanto riguarda la tutela del lavoro sociale, ovvero di coloro che si occupano di garantire la messa a terra del servizio, e per l’integrazione tra le diverse figure professionali: professioniste e professionisti devono cooperare per erogare servizi che si allontanino dalla logica prestazionale e vadano invece nella direzione del raggiungimento del benessere multidimensionale della società. Questa modalità, è stato sottolineato, si configura come l’unica strada per tutelare e promuovere la dignità del lavoro sociale, sia di quello garantito dalle operatrici e operatori delle strutture e istituzioni pubbliche, sia di quello garantito dal privato sociale che deve operare in integrazione - e non in sostituzione - con il sistema pubblico, e che non collude con le spinte verso la privatizzazione del sistema, e chiede di non essere considerato “serbatoio di manodopera precaria e sotto costo”.
“Bisogna dall’altra parte considerare il privato sociale come un attore chiave di un sistema capace di farsi carico della multidimensionalità dei bisogni (sociali, economici, culturali) delle persone – ha affermato Asvis -. La cooperazione sociale si propone, e deve essere riconosciuta, come un soggetto attivo e propositivo, a fianco del settore pubblico, nelle funzioni/azioni di osservatorio, rilevazione e analisi dei bisogni (vecchi e nuovi), co-programmazione, progettazione di servizi e interventi, innovazione, lavoro in rete e di infrastrutturazione sociale, valutazione e ri-progettazione, e di continua cura per ottenere la migliore qualità dei servizi. Le imprese sociali sono snodi progettuali, cantieri scientifici, aperti e flessibili in cui costruire opportunità e visioni di futuro, sostenere reti e collaborazioni capillari”.
I numeri
Gli indicatori compositi costruiti dall’Asvis (sulla base di dati prodotti dall’Istat e da altri enti della statistica ufficiale) segnalano per il nostro Paese un’evoluzione decisamente insoddisfacente per gran parte dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu. Tra il 2010 e il 2022 si riscontrano in particolare peggioramenti per gli Obiettivi 1 “Sconfiggere la povertà” e 10 “Ridurre le disuguaglianze" dell’Agenda 2030.
In particolare, la speranza di vita in buona salute nel 2023 risultava essere pari a 60,2 anni, con una riduzione di 0,5 anni rispetto a quanto registrato nel 2022. Le stime prevedono che questo indicatore cresca nei prossimi anni fino a raggiungere i 60,7 anni. “Affinché cresca sempre di più è necessario investire sulla prevenzione e allontanarsi da una logica prestazionale del servizio sanitario, spostando l’interesse sul raggiungimento di una dimensione di salute complessiva del cittadino che tenga conto, tra le altre cose, anche della salute mentale, integrandola nella cura complessiva della persona”.
I dati sulla spesa pubblica in sanità rispetto al PIL mostrano un trend di decrescita. Il 2024 infatti ha visto una riduzione dell’investimento dal 6,6% del 2023 al 6,2%, con una prospettiva di scendere ulteriormente fino al 6,1% nel 2026.
Rispetto alla povertà educativa, per il periodo 2023-2026 si stima una crescita dello 0,2% dell’indicatore di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione rispetto agli anni precedenti: il dato è in controtendenza rispetto agli obiettivi europei e dell’Agenda 2030 e non in linea con la significativa riduzione dell’indicatore registrata tra il 2020 (dato fortemente influenzato dalla pandemia) e il 2022 (livello più basso registrato dal 2018), periodo in cui è passato dal 14,2% all’11,5%.
Nel 2023, in Italia 5,7 milioni di persone erano in condizioni di povertà assoluta (il 9,8% della popolazione residente, in crescita di 0,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente e di 0,8 punti rispetto al 2021) per un totale di 2 milioni e 235mila famiglie. Si tratta di individui che non dispongono di risorse mensili sufficienti ad acquistare un paniere di beni e servizi essenziali per vivere in condizioni dignitose. La povertà assoluta continua a colpire i giovanissimi in modo marcato, con 1,3 milioni di minorenni (il 14%, valore più alto dal 2014) che vivono in famiglie in una condizione di povertà assoluta.
Il rapporto fra l’ammontare del reddito disponibile equivalente del quinto di popolazione con il reddito più alto e quello del quinto con il reddito più basso, che misura la diseguaglianza di reddito netto (S80/S20), pari a 5,6 nel 2021, a 5,8 nel 2022 e a 5,9 nel 2023, resterà sostanzialmente invariato (5,8) per il periodo 2024-2026. Lavoro povero e precarietà lavorativa rappresentano un fattore rilevante nell’aumento delle disuguaglianze: secondo i dati Eurostat, nel 2022 la quota di persone regolarmente occupate a rischio povertà è pari all’11,5%, contro una media europea dell’8,5%.