7 marzo 2023 ore: 10:16
Società

Yumalay, dalla Colombia all’Italia e il sogno di diventare donna

 DONNE SENZA DIMORA  Arrivata in Italia per amore, si trova a convivere con un uomo pericoloso. Stando a Casa Sabotino ha potuto riprendere il percorso di transizione di genere interrotto
© Sara Gargiulo Una donna ospite di Casa Sabotino. Foto di Sara Gargiulo

ROMA – Yumalay è venuta in Italia per amore. Capelli ricci e neri raccolti in una coda, occhi grandi, pelle ambrata, arriva da Cartagena de Indias, in Colombia. Racconta che è ancora nel suo Paese quando, tramite Facebook, conosce un uomo italiano. All’inizio si scambiano qualche parola, poi i messaggi si fanno più fitti, infine l’uomo le chiede se vuole avere una relazione con lui. Yumalay risponde sì. Sette mesi più tardi la invita a raggiungerlo in Italia: promette una casa, un lavoro, un matrimonio. La proposta è allettante e anche questa volta Yumalay accetta. Lui è di parola e le compra un biglietto aereo.

Siamo nell’inverno del 2019, di lì a poco scoppierà la pandemia, Yumalay ha 28 anni e alle spalle non si lascia granché: lavori saltuari, l’arte di arrangiarsi, un percorso di transizione di genere iniziato e non ancora portato a termine. Nei suoi programmi sarà l’Italia a vederla diventare definitivamente una donna, uno dei tanti sogni da coronare. Arriva a Cagliari, a casa del suo uomo. Lui ha tre figlie, ma non sono loro il problema. Il problema sono le regole che le impone: non può uscire da sola e non può parlare con nessuno, deve cucinare e occuparsi della casa, deve prendersi cura delle bambine. Si arrabbia per ogni cosa. L’uomo che aveva conosciuto su Internet era un altro, Yumalai cade dalle nuvole. Non accetta passivamente le regole che in quella casa diventano leggi. Litigano, urlano. Lei tiene il punto, si arrabbia: “Non sono arrivata fino a qui, per farmi trattare in questo modo”, grida. Ma a poco a poco scopre che quell’uomo può essere pericoloso. Racconta Yumalai che è stato in carcere e che ha un tatuaggio sul volto. Lui le ha detto di essere stato arrestato per spaccio di droga, ma lei fa una ricerca sul web per capire cosa significhino quelle tre lacrime tatuate sulla guancia e scopre che ogni lacrima vale un assassinio. Nel frattempo è scoppiata la pandemia, il clima tra i due si fa incandescente: “Quando si arrabbiava faceva paura – ricorda Yumalai –. Mi ha buttato tutti i vestiti e non me li ha più comprati. A volte, dopo una lite, andavo a dormire per strada. Poi per poter tornare a casa, dovevo implorarlo”. Altre volte, invece, rimangono in silenzio per una settimana, lei si rifugia nella stanza delle bambine, vive il rapporto con loro come la parte sana di una relazione malata. “Sono rimasta a casa sua per 2 anni e 8 mesi, fino a ottobre 2022 –  dice –.

La testimonianza di Yumalay.

L’ultimo periodo è stato impossibile”. Racconta Yumalai di aver chiesto più volte a quell’uomo di permetterle di tornare nel suo Paese e che alla fine lui si è convinto a comprarle il biglietto aereo. “Ma all’aeroporto di Fiumicino ho perso il volo e mi sono trovata da sola: in Italia non conoscevo altri che lui”. Yumalay non ha soldi, a trovarle un hotel per una notte e a pagare il conto ci pensano degli amici dagli Stati Uniti. Il giorno dopo è in Ambasciata, ma qui le dicono di non poter fare nulla per lei e la rimandano al Consolato. Al Consolato non possono comprarle il biglietto aereo, ma qualcuno, in via informale, la mette in contatto con una donna colombiana, che la ospita per alcuni giorni e la conduce prima al Gay Help Center e poi all’Help Center. Il percorso è ancora tutto in salita, ma almeno Yumalay ha chiuso i ponti con quell’uomo che l’aveva ospitata e reclusa per 30 lunghi mesi.

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