16 dicembre 2013 ore: 16:41
Non profit

Zamagni: "Il terzo settore non serve più alla politica"

L’analisi dell’economista sul decreto del governo sulle donazioni ai partiti e sulla bocciatura delle proposte del terzo settore nella legge di stabilità. “La società civile organizzata si faccia sentire con proteste civili”
Paolo Tre A3/Contrasto Stefano Zamagni - Agenzia per il terzo settore

Stefano Zamagni. Foto di Paolo Tre A3/Contrasto

 

Stefano Zamagni. Foto: Paolo Tre/Contrasto
Stefano Zamagni - Agenzia per il terzo settore

ROMA – Donazioni più convenienti ai partiti politici piuttosto che al non profit e Terzo settore bocciato sul banco della legge di stabilità, per l’economista Stefano Zamagni “stiamo andando nella direzione sbagliata: c’è una volontà non dico di eliminare, ma di diminuire di importanza il terzo settore”. Nel pieno della fase finale dell’iter della legge di stabilità e a pochi giorni dal decreto del governo in tema di finanziamento pubblico ai partiti, per Zamagni la strada per il terzo settore e il mondo del non profit è tutta in salita. “Dire che nella legge di stabilità non sono entrati provvedimenti per il Terzo settore per mancanza di fondi è una bugia grande come il Monte Bianco – spiega Zamagni -. Non è un problema di soldi”.

Servono riforme, non solo fondi. Per l’economista, i vincoli di bilancio non sono l’unica spiegazione di ciò che sta accadendo al mondo del non profit. “Prima di tutto perché al Terzo settore non servono solo i soldi, anzi – aggiunge -. Direi che è l’aspetto meno importante. Al terzo settore interessano in primo luogo provvedimenti normativi che non comportano un esborso. Ad esempio la riforma della legge sul volontariato, la riforma della legge sulle cooperative sociale, l’adeguamento della legge sull’impresa sociale: tutti  provvedimenti nulla hanno a che vedere con i bilanci”. Eppure, oggi c’è il rischio concreto che sostenere un partito sia più conveniente che sostenere un’organizzazione non profit. La nuova normativa emanata dal governo, dopo che sarà convertita in legge dal Parlamento, infatti, garantirà detrazioni fiscali fino al 37 per cento e su un massimo di 70 mila euro per i partiti. Per il non profit, invece, si parla di detrazioni al 24 per cento con un tetto massimo che supera i 2 mila euro.

boxBrutti segnali. Per Zamagni, però, sono questi i risultati di una tendenza i cui segnali si raccolgono già da tempo. “Da due o tre anni a questa parte c’è stata una inversione di rotta da parte degli enti pubblici in generale nei confronti dei soggetti di terzo settore – spiega -. Cominciò nel febbraio 2012 con la decisione dell’allora governo Monti di chiudere l’Agenzia che io ho presieduto per il terzo settore. Quello poteva essere considerato un gesto ovvio di razionalizzazione della spesa, se fosse stato accompagnato da provvedimenti compensatori. La chiusura, invece, significava un disinteresse nei confronti di questo mondo”. Poi sono arrivati i tagli ai fondi del 5 per mille e tutto il resto. “Tutto questo è un brutto segnale dal mio punto di vista che difficilmente può essere spiegato con le difficoltà di bilancio”.

Non profit fuori dagli schemi politici. Disinteresse dovuto in primo luogo da una convenienza politica ormai sempre più esile. “Questo mondo non è facilmente ingabbiabile in schemi politici – spiega Zamagni -. Ovviamente i partiti si chiedono che motivo abbiamo per difenderne la ragione. Non fa comodo a nessuno. I soggetti di terzo settore non sono più funzionali al sistema politico e allora si preferisce aiutare i partiti politici, salvo poi piangere tutte le volte in cui, come in questi giorni con i “forconi”, registriamo che il tessuto connettivo della società italiano si stia slabbrando”. Un rischio reale, aggiunge Zamagni, a cui la politica presta poca attenzione. “Il terzo settore è creatore di legami sociali – continua -. Si tratta di una deriva brutta e pericolosa che io avevo anticipato esattamente due anni fa, all’epoca della chiusura dell’Agenzia. Quello fu il segnale: come se ci avessero detto ‘non abbiamo più bisogno di voi. Fino ad adesso ci siete serviti, adesso arrangiatevi con le vostre forze’”.

Riaprire il “fronte” del dibattito. Per Zamagni, sono poche le strade percorribili per invertire questo trend che vede l’Italia andare controtendenza rispetto a paesi come gli Stati uniti, la Francia e la Gran Bretagna, dove invece in questi anni si sta investendo nel Terzo settore. “Bisogna riaprire un fronte di dibattito – spiega -. Occorre che la società civile organizzata riprenda coraggio, fiducia in se stessa e cominci a farsi sentire con proteste civili, come venne fatto in altre epoche. La ragione sta dalla parte del Terzo settore e non dalla parte ci chi le vuole far spegnere la voce. È l’unico che può aprire speranze nuove nel nostro Paese”. E non sarà facile, chiude Zamagni, perché “in questo momento storico le attenzioni di tutti, dalla stampa ai politici, sono rivolte altrove”.(ga)

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