Afghanistan, sport vietato? Donne e bambine vanno in skateboard
ROMA - In Afghanistan le donne e le ragazze, per legge, non possono fare sport in pubblico. Con un’unica eccezione: lo skateboard. La spiegazione è semplicissima, trattandosi di uno sport sconosciuto, non sono ancora state codificate norme di comportamento in merito. Utilizzando questo escamotage l’associazione “Skateistan” - fondata a Kabul nel 2007 dagli australiani Oliver Percovich e Sharma Nolan - si occupa di organizzare laboratori di skateboarding nel Paese per ragazzi e ragazze.
La Ong oggi coinvolge circa 400 bambini a settimana e non si limita ad insegnargli come utilizzare la tavola, ma propone allo stesso tempo laboratori creativi e lezioni scolastiche. Circa una ventina gli insegnanti afghani, riporta la rivista Scarp de’ Tenis, che si impegnano quotidianamente nel seguire i ragazzi.
“I giovani vengono per fare skateboard e restano per ricevere un’educazione” si legge nel sito dell’associazione. “Allo skatepark, bambini di ogni estrazione sociale trovano uno spazio in cui esprimersi, essere creativi, raggiungere obiettivi e crescere. In classe gli studenti, attraverso l’arte e la multimedialità apprendono la geografia, le culture del mondo, la storia, i diritti umani, l’ecologia, l’igiene e molto altro. Le lezioni si focalizzano sul dare ai giovani gli strumenti per esprimersi, pensare criticamente e risolvere problemi nella loro comunità locale e globale”.
La Skateistan crede che gli effetti coesivi dello skateboarding abbiano un riscontro particolarmente forte in Afghanistan, che ha sperimentato più di 30 anni di conflitti e disgregazione sociale. L’elemento più importante è “lo spirito egualitario che è alla base di questo sport. Gli skateboarder non guardano il colore della pelle, non guardano la religione, non guardano i confini. Quello che conta sono solo i trick che sai fare”.