12 agosto 2016 ore: 09:15
Disabilità

Scautismo e disabilità, il campo estivo è per tutti. E la sedia a ruote sparisce

Riccardo è tornato pochi giorni dal suo primo campo con i lupetti: sette giorni lontano da casa, imparando a “fare da solo”, anche oltre i propri limiti. Emma al raduno internazionale: "Qui la sedia a ruote scompare". Tommaso è rientrato domenica da 10 giorni di campo con il reparto. Le loro disabilità non sono state un ostacolo. “Qui nessuno lo chiamerebbe handicappato”
Agesci scout

Foto: Agesci

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scout

ROMA - Riccardo ha 12 anni e “nessuno ha saputo dirci cosa abbia, una diagnosi vera e propria non ce l’ha - racconta Antonella, la mamma - Ha difficoltà cognitive, comunicative e motorie. E soprattutto fa fatica a riconoscere e gestire le sue emozioni. E questo è il motivo per cui a volte è irruento e aggressivo. E la causa di tanti problemi di integrazione e socializzazione, che abbiamo incontrato a scuola e non solo. Ma non agli scout”.

Riccardo è tornato la scorsa settimana dalle sue prime ‘Vacanze di Branco’, il campo estivo del gruppo dei più piccoli, tra gli 8 e i 12 anni. Dallo scorso anno fa parte del gruppo Roma120. “Era la prima volta che si allontanava da casa per una settimana, è partito pieno di paure e di preoccupazioni, ma anche carico di entusiasmo. Ed è stato un successo!”, assicura Antonella. “I capi mi hanno detto che si è comportato benissimo, che faceva tutto da solo, che non ha dato problemi”. 

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E tutto questo, fino a solo un anno fa, sembrava impossibile. “Riccardo è in Branco dallo scorso anno, dopo due anni in cui non è stato accolto per varie difficoltà: non l’ho vissuta come un rifiuto, ho capito che non c’erano le condizioni. Poi, l’anno scorso, è stato inserito nel gruppo. Per un anno, ho chiesto che ci fosse il suo assistente accanto a lui, pagato da noi: non è facile gestire Riccardo, soprattutto quando si agita. E poi è fisicamente molto grande. I capi non volevano, dicevano che non era necessario. Ma io ho insistito e per il primo anno è andata così. Al campo della scorsa estate è andato solo gli ultimi tre giorni, eravamo d’accordo così con i capi. Quando lo accompagnammo, mi resi subito conto che era stato fatto un ottimo lavoro, soprattutto con gli altri ragazzi: vedendolo, lo hanno accolto con un affetto incredibile, una nuvola di bambini si è stretta intorno a lui. Poi le cose sono andate sempre migliorando, tanto che quest’anno Riccardo non è stato affiancato dall’educatore e ha partecipato a tutte le attività".

E così i genitori di Riccardo, insieme ai capi, hanno deciso che stavolta il campo avrebbe potuto viverlo dall’inizio alla fine. Lui era pronto e il gruppo anche. "Mi sono fidata dei capi e, nonostante una discreta ansia, l’abbiamo lasciato andare. E’ stato bellissimo. La cosa più importante che i capi mi hanno riferito è che Riccardo, al campo, ha iniziato a comunicare le proprie emozioni: ‘Sono stanco’, ‘Voglio mamma’.. Per lui e per noi, una grande conquista. Ha acquistato un’autonomia incredibile: che gli è costata una bella sbucciatura del ginocchio, perché ha imparato ad allacciare gli scarponi da solo, ma non riesce a stringerli bene. Ed è inciampato. Poco male, fa parte del gioco: d’altra parte gli scout lo spronano, lo spingono a fare anche oltre le sue capacità. Per questo, a volte, abbiamo avuto qualche diverbio, ma assolutamente niente di grave. Siamo grati ai capi, come pure al neuropsichiatra che ha insistito perché lo mandassimo agli scout, nonostante la nostra reticenza. Qui Riccardo si è sentito accolto, valorizzato e compreso: niente a che fare con le difficoltà, grandi, che ha avuto in altri contesti, scuola compresa. Più di una volta i compagni lo hanno chiamato ‘handicappato’ e per lui, che è perfettamente cosciente, è stato un dolore enorme. Con i suoi amici scout è diverso: possono esserci le incomprensioni, i momenti di attrito Ma mi piace pensare che questo faccia parte di quella sfera di ‘normalità’ in cui io voglio immaginare Riccardo”.

Emma ha 16 anni, vive a Parma e fa parte del “clan”, ovvero del gruppo scout che comprende ragazzi e ragazze tra i 16 e i 21 anni. Ed è aiuto capo Branco, cioè presta servizio come educatrice nel gruppo dei bambini tra gli 8 e gli 11 anni. Da alcuni giorni si trova al RoverWay, un grande raduno internazionale di scout della sua età: quest’anno si svolge in Francia, a Jambville, con circa 5 mila partecipanti da tutta Europa. Emma è lì, a rappresentare l’Italia. Sedia a ruote al seguito. “Tre anni fa mi è stata diagnosticata una malattia genetica rara; si chiama Eds e mi obbliga ad usare una sedia a rotelle - racconta - Sono scout da quando ho 7 anni e, nonostante la mia condizione, ho pensato che RoverWay potesse essere un'occasione unica nel mio cammino scout. La mia famiglia ha avuto qualche perplessità sulla mia partecipazione ad un evento fisicamente così impegnativo, ma io non ho mai avuto dubbi”. Così ha preparato lo zaino ed è partita.

“Roverway è stata un'esperienza bellissima ancor prima di partire. Già dal primo incontro, l'approccio del mio capo e dei ragazzi alla mia disabilità è stato molto naturale e positivo. Paolo non mi ha mai fatto pesare ciò che non riuscivo a fare, ma si è concentrato sulle mie capacità valorizzandole e si è sforzato di proporre attività in cui io potessi avere uno spazio ed un ruolo. Questo ha sicuramente contribuito a creare un fantastico rapporto con gli altri ragazzi, che non mi fanno mai sentire diversa o inferiore, ma mi trattano semplicemente ‘alla pari’. E la mia sedia è sparita, o meglio è diventata parte di meLoro vedono Emma prima di guardare le ruote – racconta ancora - Parlano e lavorano con Emma ‘su ruote’ con la naturalezza che hanno anche i bambini del Branco in cui faccio servizio, dove io non sono quella lasciata indietro, ma quella che con loro fa le gare di velocità. E la mia sedia è tema di gioco o di scherzo, diventa un trattore o un trono, si può decorare, si può smontare, ci si può ridere su con pazzi progetti che solo gli scout possono pensare”.

Emma
Scout: Emma al roverway 1

E così Emma si è lanciata in questo nuovo “pazzo progetto”: quello di rappresentare il suo paese in un raduno internazionale di oltre 5 mila scout. “Il primo giorno di RoverWay le mie ruote si sono colorate con decine di nastri che ogni ragazzo aveva usato per l'attività e che abbiamo ‘riciclato’ con quello spirito gioioso che contraddistingue noi scout – racconta - L'organizzazione del RoverWay si è dimostrata molto attenta: sia per il viaggio che per la sistemazione al campo,  hanno trovato le migliori soluzioni e anche eventuali problemi che si sono posti sono stati prontamente risolti in uno splendido clima di collaborazione. E anche qui i ragazzi sono insuperabili nel coinvolgermi anche nelle attività che non posso fare, facendomi sempre comunque sentire parte del gruppo”. Ed è questa “serenità e gioia” che Emma dice di volersi riportare a casa dal campo: “perché la mia disabilità non è vissuta in alcun modo come un problema da gestire o superare, ma piuttosto un'occasione di confronto da cogliere. RoverWay vuole essere un punto di incontro tra ragazzi di diverse culture e nazionalità: e la mia disabilità è stata accolta proprio come un'opportunità per mostrare come ognuno possa portare il proprio contributo e, seppur nel rispetto dei limiti di ciascuno, avere un ruolo attivo nel mondo, oltre che nello scautismo”.

Francesco e Stefania sono i genitori di Tommaso. Domenica scorsa sono andati a riprenderlo, dopo i campo estivo di 10 giorni con il gruppo scout Vicenza 1. “Eravamo curiosi e un po’ in ansia – ci raccontano – Come sarà andata?, ci chiedevamo. Poi vediamo Tommaso in lontananza Tommaso, seduto, in compagnia dei suoi amici, che accarezza un cane”. “Mi guarda, capisco che è emozionato – racconta la mamma – E anche io lo sono. Il papà è più sereno. Tommaso mi saluta e continua a giovare con i suoi compagni. ‘Buon segno’, mi dico. Più tardi un abbraccio”.

Tommaso ha 15 anni, 16 a dicembre, è un ragazzo con sindrome di Down e questo è il primo anno che frequenta un gruppo Scout (Vicenza 1). “Se ripensiamo alla scelta di inserirlo in un gruppo Scout – ricorda la mamma - questa nasce soprattutto dal desiderio di vederlo, fuori dal contesto scolastico, insieme a ragazzi non disabili, visto che già frequenta un gruppo di nuoto agonistico di nuoto dedicato a ragazzi e adulti con disabilità cognitiva e partecipa ad attività settimanali e week end con educatori proposti dall’Associazione Agendo Onlus di Vicenza. In un altro gruppo di Agesci a Vicenza ci hanno risposto che non era possibile l’inserimento di Tommaso per via del numero insufficiente di capi. Delusi, per alcuni anni abbiamo accantonato l’idea di rivolgerci ad altri gruppi e ricevere ancora altre risposte negative. Finché un giorno altri genitori ci hanno consigliato di rivolgerci a questo gruppo: dopo aver compilato la domanda di adesione, siamo stati contattati dai capi e da subito abbiamo trovato sincera disponibilità ad accogliere Tommaso. Da qui ha cominciato a frequentare il sabato pomeriggio, dapprima con un po’ di diffidenza, e poi, ma man mano che il tempo passava, trovandosi sempre più a suo agio. Questo grazie ai capi, ma anche ai ragazzi”.

Ora Tommaso è parte integrante del reparto, cioè del gruppo di ragazzi tra i 12 e i 16 anni. “Ha sempre partecipato con entusiasmo alle uscite mensili”. Ma il campo estivo è un’altra storia: “prima dell’inizio del campo ci siamo confrontati con i suoi capi, per valutare insieme il suo grado di autonomia, ma anche le difficoltà e le paure che Tommaso avrebbe incontrato al di fuori del suo solito contesto. Ha paura del buio, del temporale e dei lampi, ha difficoltà nel linguaggio: come avrebbe affrontato questi problemi lontano da casa?”. Oggi, la mamma di Tommaso è felice di raccontare che è andato tutto bene: “In questi giorni ci sta raccontando, un po’ alla volta, tutte le sue esperienze vissute al campo. Ci ha già proposto di cucinare per noi un risotto con la salsiccia e la pasta alla carbonara. E con orgoglio ci ha raccontato la sua nuova capacità, conquistata negli ultimi giorni, di andare in bagno da solo la sera! Possiamo certamente dire che è tornato contento e orgoglioso dei risultati raggiunti e delle ‘prove’ superate. E dove non riusciva, ha sempre trovato capi e ragazzi a dargli una mano. Ci piace pensare che anche i ragazzi si siano arricchiti grazie alla sua presenza. Ci è rimasta impressa nel cuore un’immagine: domenica, lasciando a piedi il campo per scendere alle auto, Tommaso si incammina con tutti i suoi compagni, portando il suo pesante zaino rosso, arricchito di un’esperienza per lui e per noi tanto importante”. (Chiara Ludovisi)

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