Disabilità e segregazione, la Fish raccoglie le storie di violenza
Illustrazione di Lorenzo Calabresi. In "Arte irregolare" (in vendita su http://arteirregolare.comitatonobel disabili.it).
ROMA – Negli ultimi anni storie di ordinaria e straordinaria violenza sono salite più volte agli onori delle cronache. Illuminano episodi di maltrattamenti, umiliazioni e soprusi che, dopo la chiusura dei manicomi, molti di noi consideravano archiviati per sempre. Come il caso della Rsa di Vada Sabatia a Vado Ligure, in provincia di Savona, i cui particolari, venuti a conoscenza dell’opinione pubblica nel 2014, sono dettagliatamente descritti nel libro. Le telecamere della Guardia di finanza, collocate di nascosto all’interno della struttura dopo le denunce di una famiglia che aveva scoperto segni di percosse sul corpo della figlia, hanno portato alla luce una realtà letteralmente agghiacciante.
Illustrazione di Lorenzo Calabresi. In "Arte irregolare" (in vendita su http://arteirregolare.comitatonobel disabili.it). |
“Si vedono gli operatori mentre strattonano i ricoverati, li picchiano, li umiliano, li costringono a spogliarsi, li fanno cadere”, scrive il giornalista Lorenzo Bagnoli. Le immagini raccolte dalle telecamere raccontano di una violenza brutale, ma soprattutto gratuita. C’è chi entra in una stanza solo per sferrare a un ospite uno schiaffo tanto forte da stenderlo sul lettino e chi ne mette al tappeto un altro con una mossa di karate. I carnefici sono dodici, italiani e stranieri, senza distinzione. E ai 50 casi di violenza registrati dalle telecamere, dopo il primo terremoto giudiziario, si aggiungono in seguito due episodi di violenza sessuale ai danni di persone con disabilità psichica.
box Nei mesi scorsi la Fish ha inaugurato sul proprio sito una rassegna stampa tematica online su segregazione e istituzionalizzazione (fishonlus.it/segregazione). I casi di cronaca riportano qualche buona prassi, ma soprattutto episodi di isolamento e violenze, avvenuti in luoghi e contesti diversi, come le famiglie e le scuole. Ma ancora una volta a fare da scena del crimine sono soprattutto le strutture residenziali a porte chiuse. Le storie si susseguono, simili nella diversità. Spinte, ceffoni e insulti a un gruppo di persone disabili in vacanza a Cervia (Ravenna) da parte degli operatori di una cooperativa piemontese. A Ravenna anziani sequestrati e maltrattati nella casa famiglia che avrebbe dovuto prendersi cura di loro. Otto arresti e due interdizioni della professione medica in una struttura riabilitativa di Potenza per ripetuti e violenti maltrattamenti su alcuni pazienti disabili. L’elenco sembra non finire mai, eppure per i promotori del progetto i crimini portati alla luce dalle forze dell’ordine rappresentano soltanto la punta dell’iceberg.
Segregazione non fa necessariamente rima con abuso e violenza, fa notare il curatore del libro “La segregazione delle persone con disabilità. I manicomi nascosti in Italia” Giovanni Merlo, che è anche direttore della Ledha, storica organizzazione lombarda comprendente 180 associazioni e coordinamenti di persone con disabilità e loro familiari attivi nel territorio regionale. “Ma è chiaro che nelle strutture più chiuse e impermeabili alla relazione con l’esterno aumenta il rischio di assistere a casi di maltrattamento di vario genere e tipo”, spiega. La realtà più diffusa resta però quella di una segregazione bianca, che non fa notizia e non interroga l’opinione pubblica. “Esiste una spiccata tendenza alla sanitarizzazione all’interno dei contesti di cura – precisa Merlo –. Può esservi una grande attenzione nei confronti delle persone, ma se manca la possibilità di relazione con l’esterno e l’attenzione verso un progetto di vita proprio, se le porte rimangono chiuse, siamo comunque di fronte a un processo di segregazione”.
Eppure la segregazione all’interno delle strutture residenziali resta un tema dimenticato, scomodo, ignorato perfino dalle persone disabili e dai loro familiari. Come se la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e il dibattito sulla necessità di creare condizioni abitative in stile familiare nato intorno alla legge 112, più nota come legge sul dopo di noi, bastassero a esaurire il dibattito. Ricacciando nell’angolo più remoto dell’inconscio la situazione dei servizi residenziali che, sottolinea Merlo, “continuano comunque a esistere, sono riconosciuti dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e costituiscono una delle modalità con cui la Repubblica italiana assolve al suo obbligo costituzionale di provvedere al mantenimento dei cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere, specie quando le famiglie non ci sono più o non sono in condizione di farlo”.
Tra l’altro, come ricorda nella postfazione al volume, il presidente della Fish, Vincenzo Falabella, l’istituzionalizzazione non è cosa da poco neppure in termini di bilancio: “Assorbe cifre esorbitanti di spesa pubblica – chiarisce –: tra anziani, persone nel circuito della salute mentale e persone con disabilità si raggiunge la spesa di 18 miliardi di euro l’anno. Per mantenere a casa propria quelle stesse persone la spesa si riduce a 12 miliardi di euro”.
Al tema dell'istituzionalizzazione delle persone con disabilità è dedicata l'inchiesta di SuperAbile Inail, pubblicata sul numero 6/2018 e curata da Antonella Patete.
L'inchiesta è stata illustrata da Lorenzo Calabresi. Le opere sono esposte in Arte irregolare, galleria online realizzata dal Comitato Nobel per i disabili onlus con i Dipartimenti di salute mentale delle Asl di Bologna, Firenze, Piacenza e Perugia, Osservatorio Outsider Art, associazioni, atelier, cooperative sociali e artisti (in vendita su http://arteirregolare.comitatonobel disabili.it).