LIVORNO - Un’estensione che non raggiunge i tre chilometri quadrati, 200 ettari di macchia mediterranea. A 18 miglia da Livorno spunta dal mare come uno scoglio l’isola di Gorgona, la più piccola dell’arcipelago toscano. Gorgona è colonia penale agricola dal 1869. Oggi non più di 40 detenuti occupano il “carcere a cielo aperto”, e sono davvero protagonisti e testimoni di un’esperienza – se così si può chiamare la detenzione – unica e senza dubbio significativa. Gli ospiti di questo  penitenziario non vivono in cella, hanno l’opportunità straordinaria di trascorrere le giornate tra i campi e tra gli animali. Lavorano, vengono retribuiti – e mandano così denaro alle famiglie – garantiscono la vita dell’isola provvedendo al proprio sostentamento e a quello degli agenti di Polizia penitenziaria e personale del Ministero della Giustizia, poco meno di cento persone. Lavorare qui significa allevare animali – mucche, pecore, galline – ricavare il latte e produrre formaggi, curare cavalli da lavoro e maiali. La conformazione montuosa e scoscesa del territorio ha reso necessari terrazzamenti che ospitano distese di viti, olivi, piante officinali per cui è stato costruito un laboratorio. I detenuti si occupano anche di apicoltura, curano le delicate fasi dell’acquacoltura che consente l’allevamento di orate, spigole, ombrine (e a questo proposito è stata presentata proprio sull’isola una proposta di legge per la regolamentazione dell’acquacoltura biologica). Nel cortile che ospita la sezione “Le Capanne” – dove la maggioranza dei detenuti ha le proprie celle – c’è una grande voliera che accoglie varie specie di uccelli. Bisogna costruire e mantenere le gabbie, pensare all’alimentazione e alla pulizia.

 

Lavorare qui vuol dire specializzarsi in un’attività, dividersi le mansioni ma essere pronti all’occorrenza anche a fare quello di cui c’è bisogno. Questi detenuti sono uomini in maggioranza intorno ai 35 anni, quasi tutti in possesso della licenza media, qualcuno è straniero. Hanno tutti da scontare un residuo di pena non superiore ai 10 anni – limite necessario per essere trasferiti qui – godono di una buona salute e sono svincolati da legami con la criminalità organizzata. Per loro come per ogni detenuto rimane il problema di trovare un ruolo e un posto nella vita fuori, una volta scontata la pena. Ma gli ospiti di Gorgona hanno in più la reale possibilità di vivere il carcere non solo come una punizione, di vedere i frutti di un lavoro che impegna e stanca, e che consente di esprimere creatività, di dare un senso alle giornate, di sentirsi forse meno reclusi. E di acquisire così strumenti, conoscenze, esperienze che possono essere preziose per un futuro migliore. Nei primi mesi di questo anno due fatti delittuosi – a conferma di quanto sia comunque difficile gestire i rapporti umani e incanalare lo sfogo delle tensioni – hanno messo in crisi le attività e la sopravvivenza del carcere. Circa 70 detenuti – degli oltre 100 che occupavano il penitenziario – sono stati trasferiti alle strutture di Livorno, il direttore è stato temporaneamente sospeso dall’incarico. Subito dopo i fatti e durante lo svolgimento delle indagini le attività sull’isola sono proseguite grazie all’impegno degli agenti di polizia penitenziaria. Ora i detenuti hanno ripreso a lavorare, qualche settimana fa sono arrivati 10 nuovi ospiti, ma il numero limitato di presenze non consente di mantenere in vita ogni attività. Il futuro di Gorgona – la possibilità di realizzare progetti nuovi, ampliare le iniziative