8 novembre 2013 ore: 16:28
Giustizia

A Regina Coeli 80 volontari, il cappellano: ''Rischio di supplenza''

Padre Trani al 46° Convegno nazionale Seac. Da oltre 35 segue i detenuti e coordina un’ottantina di volontari, ma avverte: ''Mortificante che l'Italia pensi al carcere solo sotto minaccia''
Marta Sarlo/Contrasto Carcere: detenuti dietro le sbarre

Foto di Marta Sarlo

ROMA – “È mortificante, per un Paese come il nostro, che ci si sforzi per mettere in regola le carceri italiane solo perché sotto minaccia, mentre manca una sensibilità verso il recupero della dignità della persona”. Così padre Vittorio Trani, cappellano del carcere di Regina Coeli a margine del 46° Convegno nazionale del Coordinamento enti e associazioni volontariato penitenziario – Seac, in corso oggi e domani a Roma e dedicato ai “Costi del carcere”. Cappellano della struttura carceraria nel cuore di Roma da oltre 35 anni, Trani ha visto l’evoluzione del sovraffollamento e  il peggioramento delle condizioni dei detenuti con i propri occhi. “Al Regina Coeli, fino al ’92, abbiamo avuto numeri spaventosi - racconta -. Anche 1.500 persone. Dal 92 è stato creato un tetto di mille unità e adesso siamo tra i 950 e i mille. Tutti quelli che entrano qui, restano fino al primo grado. Ora ci sono due sezioni chiuse, ma stanno terminando i lavori. Siamo intorno agli 800 posti, ma se si scende sotto le mille presenze la situazione è abbastanza buona”.

Al Regina Coeli, sono un’ottantina i volontari coordinati da padre Trani. “Facciamo i corsi, abbiamo una riunione una volta al mese, si fa il punto e si lavora in gruppo, mai da soli”. Ma al tempo dei vincoli di bilancio, il rischio che quello dei volontari possa diventare più che volontariato, secondo il cappellano, non è poi così remoto. “Il rischio, in questo momento di grande riduzione di costi da parte dello Stato, è che si faccia supplenza – ha spiegato Trani -. Questo non dovrebbe mai avvenire, ma davanti ad un detenuto che non ha il dentifricio per lavarsi i denti, non posso mettermi a fare la rivoluzione in attesa che lo Stato abbia i soldi per comprarglielo. Glielo do io il dentifricio intanto, poi sensibilizzo quelle strutture che per loro natura tendono ad appiattirsi alla linea burocratica”.

Tuttavia, padre Trani è preoccupato per il futuro, nonostante il numero dei detenuti sia in calo. “Il carcere è l’ultima ruota del carro e la mancanza di denaro comincia a penalizzare sempre l’ultima ruota – ha affermato -. In questi anni, man mano che i soldi diminuivano, si creava terra bruciata. Il lavoro dei detenuti è stato ridotto all’osso, le ore stesse invece di 4 o 5 sono diventate una o due. Le forniture di cose necessarie per l’igiene si sono azzerate pian piano. E questo a me fa paura. Si continuano ancora a comprare macchine blindate e manca la piccola cifra per cose necessarie, come la carta igienica”. Ma se la gestione dei fondi a disposizione è importate, sono i costi umani quelli che stanno più a cuore a padre Trani. “Il carcere lo vedo vicino a due binomi – ha spiegato -. Il primo è quello carcere e vita: molto spesso il carcere porta la persona a passi anche drammatici. Una persona che arriva qui e si suicida è una persona che fuori è sola e con problemi. Il costo del carcere riguarda il costo della vita”. Poi c’è lo stigma. “Il carcere opera una spoliazione drammatica della persona – ha aggiunto -. La riduce per certi versi ad una non persona agli occhi dell’opinione pubblica e anche quando esce da innocente, questa ombra nera l’accompagnerà sempre. È un costo umano spaventoso. A questo si aggiungono anche le tante conseguenze a livello fisico, perché vivere l’esperienza detentiva è un peso di una portata spaventosa che produce conseguenze anche molto drammatiche”.(ga)

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news
Giugno
LunMarMerGioVenSabDom
262728293031123456789101112131415161718192021222324252627282930123456
Giugno
LunMarMerGioVenSabDom
262728293031123456789101112131415161718192021222324252627282930123456