19 giugno 2012 ore: 16:12
Società

Da ragazzo della malavita a attore acclamato: in scena Sasà Striano

Si apre con “Genet a Nisida” della compagnia romana del Teatro Libero di Rebibbia la prima rassegna nazionale di teatro in carcere. Spettacolo scritto e diretto da Fabio Cavalli, drammaturgo e regista che guida la compagnia da oltre 10 anni
MILANO - Si apre con un spettacolo particolarmente significativo la prima Rassegna nazionale di Teatro in Carcere “Destini Incrociati”. Quello di “Genet a Nisida” della compagnia romana del Teatro Libero di Rebibbia. Protagonista in scena, Sasà Striano, classe 1974, colui che nell’ultimo film “Cesare deve morire” dei Fratelli Taviani, (già Orso d’Oro al Festival Cinematografico di Berlino), impersonava il complesso e sofferto Bruto, cospiratore e assassino in nome della libertà. Oggi attore acclamato, ieri ragazzo della malavita. “Genet a Nisida” è diretto e scritto da Fabio Cavalli, drammaturgo e regista che guida la compagnia all’interno del carcere romano da oltre dieci anni e che della stessa pellicola dei noti registi toscani, oltre a impersonare sé stesso, è stato coautore e coproduttore.

“Al festival presentiamo questa perfomance, dove Sasà rappresenta la rielaborazione di un testo scritto da Jean Jenet nel 1948,  per la radio francese, 'Il criminale bambino' (L’enfant criminel) - racconta Cavalli - disvelando ciò che accade nell’animo di un ragazzino nato nei Quartieri Spagnoli, destinato ad una vita da guappo di camorra”.  Un racconto che diventa autobiografico in quei luoghi dove lo Stato aveva cercato di strappare  Striano dalla microcriminalità, a Nisida, là dove si trova il carcere minorile di Napoli. Una storia che nella vita reale ha avuto un lieto fine, proprio grazie all’incontro, in carcere, dell’uomo con l’arte e il teatro.

“L’intento è quello di far riflettere il pubblico sul destino segnato di quei giovani ragazzi che sposano paradossalmente il mito del carcere -precisa Cavalli- Carcere che però, diviene davvero una gabbia senza uscita per chi ha scoperto la libertà,  proprio attraverso la parola dei poeti e di autori come Shakespeare e Dante”. Un lavoro intenso a cui seguirà il corto “Giulio Cesare” che svelerà il “dietro le quinte” dell’opera di Shakespeare rappresentata dagli attori-detenuti di Rebibbia e da cui è stato ispirato appunto il film “Cesare deve morire”. “Un modo per conoscere, oltre la finzione cinematografica, la complessità e la fatica dell’incontro tra cultura e sofferenza e far conoscere un teatro che ha accolto, al quinto anno di attività, oltre 23 mila spettatori”. (Rosy Battaglia)
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