Ezio Bosso: artista a tutto tondo
Alla fine del lockdown, in piena pandemia, il maestro Ezio Bosso si è spento nella sua casa bolognese, a 48 anni. Era il 14 maggio 2020 e non si potevano onorare i defunti con cerimonie laiche o civili; solo un anno dopo il grande musicista, compositore e direttore d’orchestra è stato salutato nel cimitero monumentale di Torino, dov’è stata collocata l’urna di legno chiaro con le sue ceneri. E in quel luogo chi vuole può rendere omaggio all’uomo e all’artista nato il 13 settembre 1971 in un quartiere della Torino operaia, di cui sono usciti postumi scritti e pensieri sparsi degli ultimi quattro anni di vita, raccolti nel volume "Faccio musica" (Piemme, 18,50 euro).
La curatrice Alessia Capelletti, che dalla fine del 2016 lo seguiva come responsabile della comunicazione, premette che "Ezio non ha mai voluto scrivere un libro", quindi si tratta di testi totalmente o parzialmente inediti che restituiscono in parte il "lavoro di scavo" del musicista sui suoi autori di riferimento. Ma non solo: l’intento è anche quello di restituire ai lettori la complessità del suo pensiero, spesso condensata nella memoria collettiva in "motti icastici di grande impatto e folgorante potenza comunicativa", ridotta a frasi popolari "al contempo così travisate e banalizzate, come la celeberrima 'La musica, come la vita, si fa in un solo modo: insieme'", pronunciata a Sanremo 2016.
"Aveva un talento innato da copywriter o da poeta simbolista", aggiunge la curatrice. E al tempo stesso una straordinaria capacità di divulgatore, come dimostra il suo modo di presentarsi al pubblico tedesco nel 2017: "Ciò che ho fatto, ciò che ho raggiunto e ottenuto, esiste grazie al famoso concetto dell’'essermelo guadagnato' in ogni piccolo passo e dall’indiscutibile fatto di essere un essere fortunato, anche se chi vede le ruote o il mio corpo tende per pregiudizio a non pensarlo".
La musica gli ha insegnato la disciplina e che "i problemi sono opportunità": con questo bagaglio nel 2011 affronta la diagnosi della malattia neurodegenerativa che lo porterà alla morte e del tumore al cervello per cui viene operato, perdendo il linguaggio, ma ricordando tutto ciò che aveva suonato. Gradualmente riprende a suonare il pianoforte, trovando "una nuova gioia" e sperimentando "una vera rinascita". Riservato, quasi con pudore svela: "Oggi ho capito che un vero Maestro non è chi ti dice cosa fare, ma chi capisce chi sei e ti indica il tuo cammino". Lui lo ha fatto, e lo continua a fare, per tanti.
(L’articolo è tratto dal numero di ottobre di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)