4 marzo 2013 ore: 15:51
Salute

Accesso alle cure: per i bambini stranieri nati in Italia stesse possibilità degli italiani

Tra i nati in Italia, il 54 per cento ha ricevuto almeno una prescrizione di farmaci nel 2011, a fronte del 60 per cento dei bambini italiani. Tra i nati all'estero, la percentuale di chi ha ricevuto la prescrizione scende al 39 per cento
ROMA - I bambini immigrati di seconda generazione hanno un grado di accesso ai servizi sanitari più simile agli italiani rispetto a quelli nati all'estero. È quanto ha evidenziato il rapporto Farmaci e immigrati presentato questo pomeriggio presso l'Istituto superiore di sanità a Roma. Lo studio ha preso in considerazione una popolazione immigrata pediatrica di 134 mila bambini nel 2011, dei quali il 76 per cento nato in Italia e di cui la metà con meno di 6 anni.

Tra i nati in Italia, il 54 per cento ha ricevuto almeno una prescrizione di farmaci nel 2011, a fronte del 60 per cento dei bambini italiani. Ciascun bambino immigrato, infatti, ha ricevuto 2,4 confezioni rispetto a 2,6 degli italiani. Differenze che crescono se si prendono in considerazione i bambini nati all'estero, tra cui la percentuale di chi ha ricevuto la prescrizione di almeno un farmaco nel 2011 scende al 39 per cento. "In generale - spiega il rapporto -, i bambini immigrati di seconda generazione hanno un grado di accesso ai servizi molto più simile agli italiani rispetto ai bambini nati all'estero. Ciò probabilmente è dovuto ad una maggiore integrazione dei genitori favorita anche dalla scolarizzazione e dalla conoscenza della lingua da parte dei figli".

Dalla ricerca emergono, inoltre, differenze rilevanti dal confronto tra paesi di provenienza. "La prevalenza d'uso nei bambini cinesi è la metà rispetto agli albanesi o ai nigeriani - spiega la ricerca - per i quali la probabilità di ricevere la prescrizione di un farmaco nel corso dell'anno è paragonabile ai bambini italiani". Tuttavia, il dato dei minori cinesi è da prendere con le pinze perché di difficile documentazione. Proprio perché spesso, ha sottolineato Salvatore Geraci, della Società italiana di medicina delle migrazioni, intervenuto durante la presentazione del rapporto, i bambini tornano nei paesi di origine senza essere cancellati dagli archivi delle Asl. Difficoltà di accesso, però, che si ripropongono tra le donne e anche in questo caso viene rispecchiato il dato nazionale dove si registrano i minori livelli d'uso di prescrizioni nelle popolazioni cinesi e kosovare. Tra le donne straniere presenti in Italia, infine, il 58 per cento ha ricevuto almeno una prescrizione rispetto alle italiane, per le quali la percentuale è il 65 per cento. Una differenza che "si amplifica nelle fasce di età maggiori di 55 anni - spiega il rapporto -. Tuttavia, preso in carico il bisogno, le modalità di trattamento sono sovrapponibili a quelle delle donne italiane". (ga)
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