21 aprile 2011 ore: 14:31
Immigrazione

Da Mineo alla Stazione Ostiense, sono pakistani i nuovi profughi

Arrivano dalla frontiera italiana nord orientale, con viaggi di 24 ore nascosti nei Tir. La storia di un attore pachistano che dorme alla stazione e dice:“Sono vittima della talebanizzazione del Pakistan”
ROMA - Il nuovo volto dei profughi in Italia è pakistano. E’ diventato sempre più frequente incontrare giovani e uomini pakistani in fuga che seguono le rotte degli afghani attraverso l’Asia, la Turchia, l’Europa fino all’arrivo in Italia. Nel centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Ct) sono tanti i migranti provenienti dalla regione pakistana dello Swat, al confine con l’Afghanistan. Raccontano storie terribili di violenze da parte dei talebani. La “Talibanization, talebanizzazione” è una realtà atroce per le regioni di confine in Pakistan. Attraverso le vicende narrate dai  profughi arriva la verità su una guerra ormai poco raccontata che coinvolge non più solo l’Afghanistan ma anche il suo diretto vicino.

M. S. dorme nella tendopoli allestista dai Medici per i diritti umani alla stazione Ostiense. Ancora non ha fatto richiesta d’asilo. E’ arrivato da quattro giorni a Roma. E’ partito anche lui dal Pakistan, ha attraversato l’Iran, la Turchia ed è arrivato a Patrasso. Da lì è passato in Italia nascosto dentro un camion. Ventiquattro ore pigiato in un container al buio per sottrarsi ai controlli. Così è entrato dalla nostra frontiera nord orientale. Mentre gli occhi sono puntati su Lampedusa, su Ventimiglia e sui tunisini, la maggiorparte dei profughi continua ad arrivare da nord est.

M.S. ha raggiunto Roma, la stazione Termini e infine Ostiense. Partenza il primo ottobre 2010, arrivo metà aprile 2011. Sei mesi di viaggio e 3500 rupie pakistane pagate ai trafficanti. E’ un uomo alto, di carnagione scura e con gli occhi verdi. Con sé ha portato un piccolo zaino. Da dentro la borsa tira fuori la cosa più preziosa: i cd dei suoi film e un taccuino su cui ha scritto un nuovo soggetto. “Sono attore e regista – racconta in inglese – la mia regione ormai è talebanizzata. Gli estremisti mi volevano uccidere perché dicono che è contrario alla legge islamica fare film con le ragazze, ballare e cantare. Hanno già ucciso un mio parente. Poi ci sono i bombardamenti degli americani. Dagli aerei lanciano biglietti in lingua pashtun per avvisare la popolazione che lanceranno le bombe e bisogna allontanarsi. Ci hanno scritto ‘leave’ e io sono partito”.  Mostra uno dei tanti cd e dvd che ha nella borsa. C’è scritto “G’hawhi”, significa “prova”.  E’ il suo ultimo film, spera di continuare la sua carriera in Europa. Non sa cosa l’aspetta, ma di prove ne ha già dovute superare tante. (raffaella cosentino) 
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