Il controllo antidoping? ''Non fotografa la situazione. E è aggirabile''
Doping braccio buscoloso
TORINO - "Il controllo antidoping non fotografa la situazione, ed è aggirabilissimo”. Così ha aperto il suo intervento Alessandro Donati, consulente presso l'Agenzia Mondiale Antidoping (WADA), consigliere del ministro della Solidarietà Sociale. Dell'uso di sostanze a livello professionistico, della diffusione del doping a livello amatoriale, di come questi due livelli siano fortemente “intrecciati” e delle risposte a questo fenomeno, si è parlato oggi nel seminario “Le condotte dopanti tra i giovani sportivi'': un incontro con studiosi ed esperti del settore, riuniti per analizzare il fenomeno e individuarne le strategie di intervento. Non solo a livello normativo, ma anche “educativo”, grazie ad un’azione pedagogica, rivolta a determinare e prevenire i fattori di ordine culturale sociale e psicologico alla base di questo fenomeno".
“In Francia, paese guida per la lotta al doping - ha spiegato Donati - la legge è del 1998, e venne approvata subito dopo un grande scandalo che coinvolse il più grande evento sportivo del paese: il Tour de France. In Italia si è intervenuti nel 1999, con lo stesso principio: è stato un gesto eclatante, dopo un fatto clamoroso, quando tutti i riflettori erano accesi”. “Al centro del testo di legge - ha proseguito - c’è uno strumento di prova, che è il risultato del sistema anti-doping, uno strumento molto costoso (si parla di 5-600 euro per ogni analisi) ed è parte di un sistema complicato, poco efficace e facile da aggirare. Ci vorrebbero altri mezzi, intercettazioni, perizie, ecc. , ma questa è una legge nata su una visione tipica del mondo dello sport, che è auto referenziato. Gli obiettivi: mostrare all’esterno l’efficacia nel colpire i casi e arrivare ad una percentuale di casi positivi molto bassa. Questo non corrisponde alla realtà".
Del fenomeno doping a livelli amatoriali ha parlato ancora Donati, sottolineando le conseguenze che le sostanze producono sull’individuo e su come le dipendenze si “sommino”, portando ad effetti devastanti. Anabolizzanti e testosterone, ha sottolineato, creano effetti psicologici, aggressività, senso di onnipotenza. Quando si interrompe l’uso di queste sostanze, il soggetto da leone diventa pecora, e allora utilizza anfetamine e stimolanti per compensare. Se poi, per dormire, prima prendeva dei tranquillanti, tutto si somma. E’ così che l’individuo diviene “un ricettacolo di sostanze“.
Tra gli spunti di riflessione lanciati dall’esperto, la creazione del “mito” del culturista nel mondo, creatasi ad Hollywood negli anni ’70, grazie alle cosche mafiose dei Gotti e dei Gambino, gestori di un enorme traffico di stupefacenti (tra le droghe, anche steroidi). Il tutto, finanziando la produzione di film per culturisti, protagonista Arnold Schwarzenegger, abituando così pubblico alla vista dell’uomo “palestrato”, facendo così nascere un filone fiorente (da cui Stallone, ecc.), con un effetto di emulazione e un notevole guadagno. (vedi lancio successivo) (Rosa Ferrato)