18 aprile 2011 ore: 11:38
Ambiente

Jatropha nuovo biocombustibile? Le ong frenano la speranza dell’Africa

Si tratta di un arbusto ricco di olio e cugino del cespuglio di seme di ricino che potrebbe essere usato come sostituto del combustibile fossile. Ma uno studio pone dubbi sull'impatto ambientale
Enrico Bossan/Contrasto AFRICA. Contadina in Tanzania

Contadina in Tanzania

In esclusiva da News from Africa
NAIROBI – Un nuovo studio ha messo i freni alla corsa di alcuni paesi e aziende all'istituzione di piantagioni di jatropha, un arbusto ricco di olio e cugino del cespuglio di seme di ricino, come fonte di biocarburante. Lo studio di ActionAid, ong contro la povertà, la Società reale per la protezione degli uccelli e Nature Kenya, una società per la conservazione, hanno osservato se i biocarburanti derivati dal jatropha coltivato nei boschi del Dakatcha in Malindi, distretto costiero del Kenya, possano effettivamente essere combustibili ecologici.
 
Chris Coxon di ActionAid ha affermato che la produzione di olio dei semi delle piante cresciute su terre assegnate a coltivazioni di jatropha in Malindi avrebbe determinato se l’arbusto avesse fornito o meno un’alternativa plausibile al combustibile fossile. Il precedente uso della terra era un altro fattore critico. Lo studio ha scoperto che durante il processo di produzione e consumo nei boschi del Dakatcha, il Jatropha emetterebbe una quantità di gas serra fra le 2, 5 e le 6 volte superiore ai combustibili fossili, soprattutto a causa dell’abbattimento della foresta, che immagazzina ingenti quantità di carbonio nella vegetazione e nel suolo, per fare spazio alla pianta. Altri studi hanno inoltre scoperto che la produzione di jatropha può variare in maniera considerevole, poiché contrariamente all’opinione comune che esso possa prosperare in condizioni semi-aride, le piante hanno bisogno di acqua e nutrimento per produrre raccolti prosperi. “Se è quindi richiesto un investimento in irrigazione e fertilizzante, perché non piantare invece colture di cibo?”, afferma lo studio. Gran parte del biocombustibile proveniente dal progetto dei boschi di Dakatcha, quando iniziano a produrre, è destinato all’Europa per far fronte ad obiettivi regionali di passaggio all’energia rinnovabile.
 
Lo studio ha sottolineato quello che era stato rilevato nel 2010 da uno studio congiunto sul jatropha dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) e dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) – che l’arbusto era utile come raccolto bio-energetico per coltivazioni di piccoli agricoltori. La portavoce di ActionAid Natalie Curtis ha affermato che il jatropha potrebbe essere coltivato fra i vari raccolti o come siepe per dividere i campi, e l’olio usato come combustibile per fornelli, pompe di irrigazione e generatori. Ma anche in questo caso, coltivare jatropha potrebbe rivelarsi sconveniente se non c’è un investimento nello sviluppo di varietà maggiormente produttrici di olio e non tossiche.
 
“Il governo del Kenya ha sospeso l’abbattimento di 50 mila ettari di foresta, che avrebbe sfrattato 20 mila persone per la proposta di piantagione in Dakarcha, in attesa di una valutazione dell’impatto ambientale”, ha affermato lo studio. “Quello che ci preoccupa è la corsa crescente verso enormi piantagioni di jatropha nei paesi in via di sviluppo”, ha detto Coxon.
 
Nel 2008, il jatropha è stato piantato su un totale di circa 900 mila ettari di terra; 760 mila ettari (l’85% del totale) si trovavano in Asia, seguiti dall’Africa con 120 mila ettari e dall’America Latina con 20 mila ettari. Si prevede che entro il 2015, il jatropha sarà piantato su 12,8 milioni di ettari, secondo un rapporto della Fao. In confronto, il mais, uno delle principali colture di cereali, è coltivato su più di 160 milioni di ettari. In altri 4 anni, l’Indonesia sarà il più grande paese produttore di jatropha in Asia. Per l' Africa, saranno Ghana e Madagascar, mentre il Brasile sarà il produttore principale dell’America Latina.
 
Da molto tempo il jatropha viene riconosciuto come un sostituto del combustibile fossile. Durante la seconda guerra mondiale è stato usato come sostituto del gasolio in Madagascar, Benin e Capo Verde, mentre il suo sottoprodotto di glicerina è stato usato per fare la nitro-glicerina, usata in esplosivi e farmaci per curare problemi di cuore.
La Fao ha affermato che il jatropha ha guadagnato terreno come risorsa per l’olio per la produzione di biodiesel a causa dell’opinione comune che possa essere coltivato in regioni semi-aride con poche necessità di nutrimento e poca cura. Le ampie radici del jatropha gli permettono di raggiungere l’acqua più in profondità ed estrarre minerali nutrienti dissolti nel terreno non disponibili per altre piante. Le radici di superficie aiutano inoltre a fissare il terreno e possono ridurre l’erosione. Paragonato ad altre colture di carburanti biologici come la canna da zucchero, richiede meno acqua.
 
E’ una coltura non commestibile, “quindi il settore dei biocarburanti non compete con quello del cibo e della nutrizione,” ha affermato Simla Tokgoz, ricercatrice presso l'Istituto di ricerca sulle politiche per il cibo (Ifpri), un gruppo di esperti statunitense. Altre materie usate per la produzione di biocarburanti sono il seme di colza, il seme di soia, il cocco e la palma.
 
Il jatropha è ancora ai primi stadi di sviluppo come biocarburante ma si ritiene possa essere una fonte più economica per la produzione di biocarburante, che potrebbe accrescere la redditività, ha detto Tokgoz. L’olio di jatropha può essere usato direttamente in alcuni motori diesel senza essere convertito in biodiesel, ma poiché ha una viscosità più alta rispetto al diesel minerale, funziona meglio in ambienti tropicali, dove le temperature sono più alte.
 
Produzioni di biodiesel su larga scala necessiteranno di più acqua, ed in condizioni di carenza d’acqua questo potrebbe portare a dei conflitti. Il rapporto Fao/Ifad afferma che il biodiesel jatropha era conforme agli standard di qualità richiesti dall’Europa e dagli Stati Uniti, ma mette in guardia sul fatto che “non è una tecnologia adatta a comunità con carenza di risorse nei paesi in via di sviluppo”.
 
La produzione di biodiesel inoltre richiede competenza, attrezzature e la capacità di gestire grandi quantità di prodotti chimici pericolosi come metanolo tossico ed idrossido di sodio altamente corrosivo. Quando si fanno confronti sui risultati in termini di apporto lavorativo il jatropha presenta risultati scarsi in confronto ad altre materie prime per biocarburanti, ma molto dipende dai livelli di produzione che hanno bisogno di miglioramenti, afferma il rapporto Fao/Ifad.
 
Il jatropha ha un sottoprodotto commerciabile e non commestibile, ma di valore inferiore alla canola ad esempio, che può essere consumata da animali, ha detto Tokgoz. Invece di concorrere per le terre agricole, o rimuovere foreste e cacciare intere comunità, Tokgoz ha suggerito di coltivare le terre incolte governative o stipulare contratti agricoli con piccoli e medi agricoltori. E tuttavia questo significherebbe investire in irrigazione, alimentazione e sforzi per il miglioramento della produzione. Il jatropha è considerato da molti una pianta invasiva ed è stato dichiarato un’erba nociva in parti dell’Australia, ha osservato la Fao. Il Sud Africa ha bandito la sua produzione a scopi commerciali. (Zachary Ochieng, traduzione di Sara Marilungo)
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