20 giugno 2006 ore: 12:09
Giustizia

La vita delle prostitute maghrebine. Alle spalle niente racket, solo povertà

Il fenomeno, inedito per il resto d’Italia, coinvolge a Palermo decine di donne marocchine e tunisine. Alcune suore si occupano del loro recupero. Le storie di Selma e Sara
Prostituzione e tratta: prostituta piange su un letto

Prostituzione e tratta: prostituta piange su un letto

PALERMO - Alcune suore di un istituto esistente a Palermo dal ’90, da quattro anni operano silenziosamente nel cuore del centro storico della città nello sforzo costante di sottrarre alcune donne nord-africane al giro della prostituzione.

Sono quasi tutte ragazze provenienti dal Marocco e dalla Tunisia che offrono il loro corpo perché, sole e abbandonate dai mariti, non sanno come sfamare i loro figli. Si tratta di un fenomeno inedito per l’Italia, ma molto presente nel capoluogo e in altre città siciliane (si stima che siano coinvolte decine di donne maghrebine) dove vive un gran numero di cittadini di lingua araba immigrati dal nord Africa.

Diversamente dalle nigeriane e senegalesi, queste donne non si prostituiscono per le strade ma negli appartamenti. “Proprio perché alle spalle non hanno la malavita organizzata come tutte le centro africane, ma solo la loro storia fatta di violenze e molta sofferenza, questo facilita il loro recupero anche se lento e faticoso”, dice suor Tiziana. Quest’attività di recupero avviene, infatti in circuiti più piccoli e a livello quasi familiare, diversamente dal circuito molto più grande e complesso che caratterizza le nigeriane.

 

Il lavoro delle suore è iniziato casualmente quando, 4 anni fa, Selma, una giovane marocchina aveva bussato alla porta del loro istituto per chiedere se le potevano tenere la bambina mentre lei andava a “lavorare”. Una volta scoperto di che lavoro si trattava, suor Anna, lentamente e nel pieno anonimato, ha iniziato un percorso di aiuto e di recupero di questa ragazza che ha raccontato di essersi prostituita “perché non aveva di che vivere con il suo bambino”. Adesso Selma è rinata, vive in una casa il cui affitto viene in parte pagato dalla comunità delle suore, lavora come collaboratrice domestica da una signora e la sua bambina è stata accolta regolarmente da un asilo.

Selma ha fatto conoscere alle suore un’altra ragazza che voleva abortire perché incinta dopo essersi prostituita. Dopo essere stata accolta dalla comunità di suore, non ha più abortito chiamando la figlia che è nata Neget, che significa Salvata. Ad aiutare le suore ad avere i primi approcci con queste ragazze, che prevalentemente parlano solo arabo, è Sara, una signora tunisina di 43 anni.

 

Sara è una donna molto forte che, con alle spalle una storia di sofferenza e abbandono del marito, per mantenere i suoi 4 figli, piuttosto che prostituirsi va a fare le notti in ospedale ai malati terminali di AIDS, spesso abbandonati anche dalle loro famiglie, un lavoro che non vuole fare nessuno. © Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news

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