16 ottobre 2013 ore: 13:06
Società

Lgbt, i vizietti dell'informazione. ''Ancora troppa semplificazione"

Da Comunità gay a transessualità, da icona gay a mamma: l'analisi di Claudio Rossi Marcelli, giornalista di Internazionale e autore di "Hello daddy!", sull'uso di parole omofobe e il trattamento di casi di cronaca
Omofobia. Lgbt simboli

ROMA - L'uso distorto delle immagini e di termini come coming out, lesbiche, comunità gay, famiglia gay, transessualità, icona gay, mamma, l'abuso di parole omofobe e il trattamento di casi di cronaca come la morte del cantate Lucio Dalla. Sono questi i dieci "vizietti" della comunicazione sui temi Lgbt secondo Claudio Rossi Marcelli, giornalista di Internazionale e autore di "Hello daddy!", che ha elencato le regole per non cadere in  automatismi quando si parla di omosessualità, nel corso del seminario "L'orgoglio e i pregiudizi", organizzato da Unar, dipartimento Pari opportunità e Redattore sociale, in corso oggi a Roma. "Il modello di omosessualità legato al film Il vizietto è duro da rimuovere, oggi nonostante ci siano giornali che usano i termini giusti, ci sono aspetti che devono ancora essere sradicati -sottolinea il giornalista -c'è ancora troppa semplificazione".

1- Coming out . E' il momento in cui un omosesuale o una lesbica si dichiarano. "Usiamo una  parola inglese -sottolinea Claudio Rossi Marcelli -perché  in italiano non siamo ancora stati in grado di dargli una definizione, mentre sugli insulti siamo generosissimi". Il problema secondo il giornalista è che "l' inglese lo usiamo molto ma in realtà non lo sappiamo e quindi spesso la parola 'outing' viene usata al posto di 'coming out'. Mentre  outing vuol dire rivelare l'omosessualità di qualcuno, cioè 'sputtanarlo'. Quindi per la stampa italiana, che non distingue tra i due termini -continua Marcelli -ci autosputtaniamo tutti. Invece il termine andrebbe usato nel contesto giusto".

2. Uso delle immagini. Molto stereotipato, secondo il giornalista, è l'uso delle foto per illustrare gli articoli che parlano di omosessualità. Tra gli esempi di questo uso distorto l'uso di foto del Gay pride di Praga a corredo di un articolo su una testata Svizzera, che trattava l'adozione di bambini da parte delle coppie omosessuali. "Si trattava di un articolo molto  serio corredato con foto di due transessuali seminude con paillettes -spiega - è evidente che chi ha usato quelle foto è caduto in un  automatismo". Altro esempio, un articolo uscito di recente su L' espresso che sul dramma del bullismo verso i ragazzi gay a scuola ha usato foto di ragazzi che si baciano in una dark room, di ragazzi che si toccano e ballano seminudi in una festa.

3. Lesbiche. "La parola lesbica è usato sia come definizione che come insulto -aggiunge Claudio Rossi Marcelli -. La stampa italiana  usa il termine con timidezza e attenzione, anche per  un atteggiamento maschilista. Si preferiscono eufemismi al limite del pornografico".  Tra gli esempi l'uso di frasi  "tenero bacio lesbo".  In alternativa si usa  "saffico", spesso per "far pensare ai costumi lascivi dell'antica Grecia". "L'alternativa che propongo è di usare gay per definire sia uomini che donne, è una parola  più inclusiva"sottolinea Marcelli. In disaccordo, però Paola Concia, che ha ribattutto dicendo che "usare lesbica non è sbagliato".

4. Mamma. Dato il cambiamento dei modelli familiari, spiega ancora il giornalista di Internazionale, si dovrebbe distinguere tra "madre", termine che fa riferimento all'aspetto biologico e "mamma", che attiene invece al ruolo genitoriale.

5. Comunità gay. Si usa il termine "comunità gay" mettendo insieme persone diverse che provengono da ambiti diversi. "Il mondo gay non c'è, perché è troppo variegato -sottolinea iMarcelli - Si fa confusione con il mondo delle associazioni, che invece esiste. E' come se confondessimo tra i partiti politici e i cittadini italiani".

6. Il Fidanzato. Claudio Rossi Marcelli ha poi approfondito i caso della morte di Lucio Dalla e delle definizioni che la stampa italiana ha usato per definire il suo compagno Marco Alemanno. "Si è usato di tutto da 'più stretto collaboratore' ad 'amico intimo', fino a 'amico vicinisssimo' e 'la persona che gli è stata più vicino negli ultimi anni' - spiega -il problema è che Lucio Dalla non aveva mai definito la sua  relazione, e la stampa non si è sentita di fare outing in un momento doloroso. E' un caso che ha fatto scuola".

7. Transessualità. "Quello della transessualità è tra gli argomenti più delicati su cui l'informazione combina i guai più grossi -aggiunge Marcelli -  La questione è essenzialmente legata all'identità".  Sui termini: chi fa un percorso per diventare donna va chiamata al femminile e viceversa, ma il problema è che su questo argomento c'è ancora chi tende alla battuta facile o cerca un riferimento al mondo della prostituzione, per questo molto spesso si usa erroneamente 'il trans'.

8. Famiglia gay. Quando si usa il termine "famiglia gay" l'orientamento sessuale viene trasferito su tutta la famiglia compreso i figli,  meglio per Claudio Rossi Marcelli usare  "famiglia omogenitoriale". "All'opposto si usa spesso l'espressione 'famiglia tradizionale' -aggiunge - un termine ammuffito. Meglio far decadere gli aggettivi omogenitoriale e tradizionale e parlare di famiglia e basta".

9. Icona gay. Il termine definisce un personaggio pubblico che ha un grande seguito di pubblico omosessuale e che intrattiene un rapporto con i suoi fan gay, come ad esempio Madonna. "Nella stampa però ci sono persone che lo diventano loro malgrado -spiega Marcelli - se un gay è famoso automaticamente è un' icona gay, ma non è così". Il giornalista racconta poi alcunicasi limite come Barbara D'Urso e Maurizio Gasparri che si sentono icone gay: "Dopo le sue parole sull'omosessualità, entro sei mesi anche Papa Francesco diventerà per la stampa italiana un'icona gay".

10. Parole omofobe. "Sono parole dietro le quali c'è una piccola violenza automatica -afferma ancora- di cui il giornalista a volte non è neanche cosciente come "gusti sessuali", o ancora il termine "tollerare", che andrebbe sostituito con "rispettare". Le parole, invece, sono come uova e vanno usate con attenzione". (ec)

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