Migranti, il campo più grande negli scatti dei rifugiati rohingya
ROMA - Una mostra fotografica online e dal vivo al Museo sulla guerra di liberazione di Dhaka, la capitale del Bangladesh, per mostrare la realtà dei rifugiati della minoranza birmana dei Rohingya del campo profughi più grande al mondo a partire dagli scatti di fotografi che vivono nella struttura: è il cuore di Anra Rohingya, letteralmente "noi siamo rohingya", un'iniziativa promossa dall'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) in collaborazione con lo spazio espositivo della città bengalese.
I rohingya sono una comunità di religione musulmana nativa nello stato orientale di Rakhine, discrimanata per decenni a livello istituzionale e oggetto di una spirale di repressione acuta almeno a partire dal 2017, nell'ambito di un conflitto con movimenti separatisti locali. L'offensiva delle forze armate birmane contro i rohingya è oggetto di un processo per genocidio presso la Corte internazionale di giustizia dell'Onu con sede a L'Aia, al momento alle fasi preliminari.
La mostra, che è stata lanciata ieri in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, ospita le opere di 11 fotografi di Rohingyatographer, una rivista prodotta da un gruppo di artisti rifugiati rohingya di Cox's Bazar, nel sud-est del Bangladesh. La struttura, con quasi 800mila abitanti, è il più popoloso campo profughi del mondo. All'esposizione, realizzata anche grazie al contributo della cooperazione allo sviluppo spagnola, fra gli altri, è accessibile dal sito di Rohingyatographer.
Sahat Zia Hero, rifugiata e fondatrice del magazine, ha detto all'emittente panaraba Al Jazeera che gli artisti con questo progetto "vogliono che il mondo veda la comunità dei rifugiati Rohingya attraverso i nostri occhi".
Le associazioni per i diritti umani denunciano da tempo che le condizioni nei campi profughi sono spesso molto dure. In Bangladesh migliaia di rifugiati da oltre 20 di questi accampamenti hanno lanciato una campagna per essere rimpatriati in Myanmar denominata 'Bori Cholo', letterlamente "torniamo a casa".
La mostra è disponibile online ma per tre settimane si potrà anche ammirare in presenza al museo di Dhaka che documenta la guerra contro il Pakistan che nel 1971 portò all'indipendenza del Paese. Il conflitto provocò almeno dieci milioni di profughi. Stando a quanto riferisce l'agenzia di stampa pubblica bangladese Bss, anche 11 fotografi del museo sono stati coinvolti nell'iniziativa. (DIRE)