Nel mondo un suicidio ogni 40”: tre su quattro in paesi a medio-basso reddito
ROMA - Ogni anno, sono più di 800 mila le persone che muoiono a causa del suicidio, in media si registra una morte ogni 40 secondi. Il fenomeno riguarda in particolare i giovani: il suicidio è la seconda causa di morte tra i 15 e i 29 anni, la quinta tra i 30-49 anni. Nel complesso, si stima che nel corso del 2012, ad ogni decesso per suicidio coincidono almeno 27 tentativi di suicidio. Sono questi i dati principali del primo report sui suicidi dell’Organizzazione mondiale della sanità, diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale per la prevenzione al suicidio che si svolgerà il 10 settembre.
Nell’indagine l’Oms sottolinea che il fenomeno non risparmia nessuno. Ma anche se il tasso di incidenza varia da nazione a nazione, a essere particolarmente colpiti sono i paesi a basso e medio reddito, che sopportano la maggior parte del carico globale dei suicidi: il 75 per cento di tutti i casi si verifica infatti nei paesi dell’ex Unione sovietica, in India, in Cina e alcune aree dell’Africa. Un dato apparentemente in controtendenza con l’immagine che si è avuta finora del fenomeno, considerato appannaggio dei paesi più ricchi e industrializzati. Ma è un dato “che non sorprende gli esperti del settore – spiega Maurizio Pompili, responsabile del servizio di prevenzione al suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, tra gli studiosi che hanno contribuito alla realizzazione del report dell’Oms –. I paesi più industrializzati in questi anni hanno fatto tesoro di quanto la scienza ha prodotto sul fenomeno e hanno portato avanti strategie di intervento e campagne di prevenzione e sensibilizzazione. Nella società si è prodotta quindi una maggiore consapevolezza e sono state adottate misure preventive. Di contro la mancanza di risorse per arginare il fenomeno ha fatto sì che esso si incrementasse nei paesi del sud del mondo”.
Il tasso dei suicidi è alto in paesi come la Cina, (oltre 120mila casi nel 2012) dove il dato riguarda soprattutto le zone rurali e, in controtendenza rispetto a quanto accade nel resto del mondo, le donne (67.542 rispetto ai 53.188 uomini). “In questi contesti il suicidio è quasi messo in preventivo, è infatti una tra le possibilità in caso di fallimento a livello personale, come la fine di un matrimoni per esempio, o lavorativo – spiega ancora Pompili – Nelle zone rurali cinesi, si è visto che spesso venivano utilizzati pesticidi o sostanze usate nell’agricoltura. E solo molto recentemente si è pensato di prevenire il fenomeno, mettendo sotto chiave queste sostanze. Un gesto semplice ma che ha fatto scendere di molto il tasso. Per fare prevenzione, quindi, bastano risorse anche minime”.
Altre zone fortemente colpite dal fenomeno sono i paesi dell’ex Unione sovietica, il Giappone (30mila casi nel 2012) e l’India (258mila nel 2012). In questi paesi non solo manca la prevenzione ma a “incidere sono anche fattori socioculturali – sottolinea ancora Pompili – Negli stati della ex Unione sovietica per esempio, la disgregazione politica e sociale ha fatto impennare in modo drammatico i casi di alcolismo e i numeri dei suicidi, che in pochi anni hanno raggiunto un livello allarmante. In alcune zone ha influito anche la crisi, ma in particolare su persone che avevano già un reddito medio basso e si sono poi ritrovate letteralmente sul lastrico”. Tra i paesi al vertice della spiacevole classifica del record di suicidi spiccano la Guyana (dove si verificano 44,2 suicidi ogni 100 mila abitanti), ma anche la Corea del Sud, lo Sri Lanka, la Lituania, Suriname e il Mozambico. In Europa il fenomeno colpisce invece soprattutto paesi come la Bielorussia, l’Ungheria, l’ Ucraina, la Lettonia e la Finlandia.
Cosa fanno i paesi per prevenire il suicidio? Nel report dell’Oms si legge che solo in 55 paesi ( il 61 per cento dei 99 che hanno risposto all’indagine) il suicidio è percepito come un importante problema di sanità pubblica. I paesi più attenti sono quelli europei (77 per cento del totale). Il punto minimo si raggiunge invece nell’Asia del Sud. Inoltre solo in 28 paesi (tra i 127 che hanno partecipato all’inchiesta) è stata adottata una strategia o una piano d’azione nazionale. sono invece 34 i paesi, in cui i professionisti della salute mentale, hanno accesso a una formazione specifica sul suicidio e sugli interventi preventivi. Ma anche qui sono evidenti le differenze tra sud e nord del mondo: quattordici di questi paesi si trovano in Europa contro i due dell’Africa. Il report segue le indicazioni del piano d'azione per la salute mentale globale 2013–2020 proposta dall'Assemblea Mondiale della Sanità che include tutti i 194 Stati Membri con l’obiettivo di ridurre i tassi di suicidio del 10% entro il 2020. (ec)