Barbetta: "Terzo settore e mercato? Funzionerà solo se sarà pro-sociale"
ROMA - “Ci sono due tendenze oggi in atto nel terzo settore: da una parte cresce l’idea di creare servizi per fare il bene usando gli stessi meccanismi dell’economia di mercato; dall’altra si fa avanti, anche se in modo non ancora così rilevante, la consapevolezza che, in questi servizi, occorre dare respiro alla socialità accogliente, che occorre mettere più al centro le necessità dei soggetti deboli. Il problema è che queste due tendenze… non convivono nelle stesse persone e nelle stesse organizzazioni”. Parole dell’economista Gian Paolo Barbetta, docente all’università Cattolica di Milano, che ha aperto il pomeriggio della prima giornata della Conferenza 2017 di CSVnet in corso a Roma fino all’1 ottobre. Chiamato a parlare de “Il Terzo settore e il sistema dei Csv alla prova della riforma”, Barbetta ha inquadrato la nuova normativa in un momento in cui il non profit “sta cercando di ridefinirsi in base a tre scenari: la crisi dei sistemi di welfare; la difficoltà di capire come sanare i bisogni e promuovere i problemi delle persone, invece di risarcirle solo economicamente; la crisi della rappresentanza”.
Una ridefinizione che si intreccia con le due tendenze descritte all’inizio e che indicano una grande sfida: “Quella di tenerle insieme”. Un mercato, ha affermato Barbetta, “anche se è sociale, richiede un substrato di socialità e di fiducia per funzionare. Occorre dunque generare attitudini pro-sociali, che rendano quei servizi accettati ed efficienti. Chi fa volontariato ha indubbiamente attitudini pro-sociali in più, per questo è importante che esse possano essere presenti all’interno di qualsiasi organizzazione di terzo settore. Se queste due anime, quella pro-sociale e quella ‘mercatista’ riescono a convivere, gli enti di terzo settore funzionano meglio. Bisogna insomma colmare quel buco esistente tra chi vuole fare impresa e chi vuole restare duro e puro”.
Come promuovere allora queste attitudini? La riforma, ha detto Barbetta, “coglie questa sfida quando afferma che i Csv dovranno promuovere il volontariato in tutti gli enti del terzo settore, quindi anche cercando di aumentare la quota di volontari in quelli che ne hanno pochi o non ne hanno affatto”. “Finora i CSV sono stati bravi a lavorare con le organizzazioni che quelle attitudini pro-sociali le avevano già, - ha però messo in guardia il docente. – Ora si apre un impegno molto più grande, che andrà affrontato senza retorica e senza ricorrere al marketing, ma partendo da una approfondita conoscenza: pretendere di innovare senza conoscere significherebbe altrimenti tempo e soldi sprecati”.