11 marzo 2013 ore: 16:39
Immigrazione

Bologna, ancora 30 migranti nei vecchi centri di accoglienza profughi

Occupato il centro dei Prati di Caprara, senza acqua né luce. Primavera urbana: “Attenzione, gli ospiti potrebbero aumentare nei prossimi giorni”
Emiliano Mancuso/Contrasto Immigrati nordafricani a Lampedusa - Marzo 2011
BOLOGNA – Sono una trentina i migranti che dopo la fine della cosiddetta emergenza Nord Africa continuano a rimanere nei vecchi centri di accoglienza di Bologna. Otto a Villa Aldini, 22 nel centro “San Felice” dei Prati di Caprara. Tutte le utenze del San Felice, gestito per quasi 2 anni dalla Croce Rossa, sono state staccate, e così gli ospiti hanno allestito una cucina con fornelli da campo. Parte del cibo è acquistato direttamente dai migranti, parte viene donato giorno dopo giorno dai bolognesi che si sono messi in contatto con le associazioni e i volontari che tentano in qualche modo di supportare gli ospiti. Nel centro di accoglienza, a tutti gli effetti occupato da lunedì, la Croce Rossa non sta più operando. “Aspettiamo indicazioni da parte della Prefettura per procedere con la pulizia e la chiusura dello stabile”, spiega l'ufficio stampa. Nei giorni scorsi ai Prati di Caprara sono arrivati anche 2 profughi ospitati precedentemente ad Alessandria. “Pensiamo che il loro numero possa aumentare ancora – spiega Antonio di Primavera Urbana, una delle associazioni che si stanno attivando nell’assistenza – Chi se ne è andato con 500 euro in tasca a breve potrebbe tornare, oppure come già successo potrebbero arrivare a Bologna profughi che tentano di cambiare città sperando di trovare condizioni migliori”.
 
Diversa la situazione a Villa Aldini. Molti profughi se ne sono andati nei giorni scorsi mentre i 4 nuclei familiari sono stati trasferiti in appartamenti. Le utenze nel centro non state staccate, è stato interrotto il servizio di catering ma chi è rimasto ha ottenuto l’autorizzazione a cucinare in loco. Per il momento restano 8 persone, che secondo le previsioni dell’ex gestore, il Consorzio Indaco, potrebbero lasciare la struttura molto presto. “Per 5 di loro – spiega Caterina Pozzi – c’è l’intenzione di studiare un possibile inserimento nei percorsi di assistenza Sprar”. (giovanni stinco)
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